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“Il PRG non intacca i diritti acquisiti. Sì al confronto con gli imprenditori e la città”

San Benedetto del Tronto | Intervista al prof. Piergiorgio Bellagamba, progettista del nuovo Piano Regolatore del Comune di San Benedetto: “aumento ragionevole degli oneri di urbanizzazione”

di Giovanni Desideri

il prof. Piergiorgio Bellagamba e l'arch. Luisa Calimani

Fornisce le prime risposte ai quesiti più allarmati e allarmanti il prof. Piergiorgio Bellagamba. Dopo le prime tre riunioni della commissione urbanistica in cui si è iniziato a discutere del nuovo Piano Regolatore del Comune di San Benedetto, il progettista ha tra le sue carte una serie di obiezioni, mosse dai tecnici non meno che dai partiti: di maggioranza. Dalla minoranza ancora nessun segnale. In sintesi, Bellagamba ha qualificato il suo Piano attraverso una serie di punti: standard di legge di 27 metri quadrati di verde e servizi per abitante raggiunto, stretto collegamento tra le varie parti della città oggi isolate le une dalle altre, spazi di aggregazione, piste ciclabili.
 
Prof. Bellagamba, la prima delle obiezioni che le vengono mosse riguarda gli “errori materiali e di concetto” del suo Piano, che non terrebbe conto dell’esistente e sarebbe basato su rilevazioni risalenti al ’95. Cosa risponde?
“Gli errori grafici erano al più una dozzina e li abbiamo corretti in poche ore con l’aiuto degli uffici comunali, che ci hanno trasmesso le informazioni sulle concessioni dell’ultimo anno, le modifiche di destinazione d’uso o ai perimetri di piani attuativi, ecc. Le linee sulle carte hanno naturalmente uno spessore di molto superiore alla realtà, per esempio per quanto riguarda le piste ciclabili. Ma oggi il piano ha recepito tutti i piani di lottizzazione già approvati e convenzionati. E tengo a sottolineare che è la firma della convenzione a far nascere un “diritto acquisito”, ovvero a dare operatività ad un progetto. Gli uffici comunali avevano il compito di trasmetterci la situazione esistente e l’hanno fatto. Avevamo ricevuto indicazioni ancora il 18 gennaio, ore le abbiamo aggiornate al 3 marzo. Ogni volta che si fa un Piano è immancabile che ci siano delle lacune, ma si possono benissimo colmare, come abbiamo fatto. Il problema è il progetto. Dove si vuole andare.”
 
Alcuni segnalano indicazioni irrealizzabili o inutili. Per esempio un eccesso di parcheggi nella zona artigianale dell’Agraria, che certo non è frequentata la domenica.
“L’area produttiva di via Piave e via Pasubio è molto vasta, sono circa 160 ettari. Noi chiediamo piani attuativi di iniziativa privata, ognuno della dimensione minima di 3 ettari. Abbiamo fatto dei calcoli e naturalmente anche in quella zona mancano gli standard di verde e servizi. Per questo, limitandoci al minimo di legge, abbiamo indicato non più di 16 ettari di parcheggi, strade ampliate e verde: il 10%. Abbiamo potenziato la rete viaria, con strade che attraversano la Statale 16, assi paralleli e verso l’interno. Intorno a questi assi abbiamo indicato alcuni parcheggi e zone verdi. Anzi, una porzione continua di verde, che si collega al Tronto e alla Sentina.”
 
Proprio in riva al Tronto ci sono alcuni insediamenti produttivi. Nei giorni scorsi c’è chi ha parlato di trasferimenti forzosi. Non sono sufficienti i nuovi ponti in progettazione per mettere in sicurezza quella zona?
“Nessun trasferimento forzoso. Ci è stato detto e ridetto, dal Piano Provinciale, dal Piano di Assetto Idrogeologico, dal Piano dell’Autorità di Bacino, del rischio di esondazione presente in quella zona. Dei due ponti abbiamo tenuto conto, ma il rischio permane. Non potevamo fare un Piano ignorandolo. Se poi succede di nuovo qualcosa ne va di mezzo l’amministrazione. Ma anche i progettisti. Ad ogni modo proprio per giovedì prossimo il dirigente del settore urbanistica, l’ing. Polidori, ha fissato un incontro con i vari uffici regionali competenti. Valuteremo la situazione. Diciamo questo: così come sono quegli stabilimenti non potranno espandersi ulteriormente. Per questo indichiamo una zona “Pip” [Piano di insediamento produttivo, ndr] non lontana, la cui acquisizione e i cui oneri di urbanizzazione sono a carico dell’amministrazione, che poi la cederebbe a prezzo di costo agli imprenditori, qualora accettassero di trasferirsi. Lo stesso ente sovraordinato, ovvero la Regione, che segnala il rischio di esondazione, potrebbe contribuire alle spese di trasferimento.”
 
Altra obiezione: il nuovo Piano non terrebbe conto dei diritti acquisiti, costringendo alla perequazione chi ad esempio possegga già una casa.
“Non è assolutamente così. Chi possiede già una casa va tranquillizzato. Il problema per lui non si pone. Quanto alle proposte dei privati, ripeto che per “diritti acquisiti” intendiamo piani di lottizzazione con convenzioni già firmate: gli impegni che l’amministrazione ha già assunto, lasciando da parte le proposte non approvate, le intenzioni dei soggetti che richiedono autorizzazioni. Pertanto la città edificata e consolidata rimane com’è. Solo in pochissimi casi cade qualche edificio esistente, ma sempre se il proprietario è d’accordo. Questo ci introduce alla perequazione. Ogni proprietario di un’area interessata alla perequazione viene interpellato e chiamato ad aderire. Può entrare nella proposta o restarne fuori. Se rifiuta viene stralciato. Ma poi non può effettuare operazioni di trasformazione per conto suo.”
 
Oneri di urbanizzazione. La sua proposta di 190 euro al metro fa temere rincari dei prezzi delle abitazioni. C’è chi agita un aggravio per il “pover’uomo che deve costruirsi la casa”.
“Intanto sono 190 euro per metro utile. In secondo luogo è un aumento che riguarda consistenti operazioni di trasformazione. Abbiamo fatto calcoli esemplificativi per le zone San Pio X, Brancadoro, palazzo dei congressi, pista di atletica e via del Cacciatore e abbiamo visto che si tratta di cifre assolutamente ragionevoli. I costruttori paventano un aumento dei prezzi, ma in realtà il prezzo lo fa il mercato. La verità è che si teme una diminuzione dei margini di guadagno. Altrove si è avuto il coraggio di ritenere insoddisfacente una riduzione di questo margine dal 60 al 30%. Tornando agli oneri di urbanizzazione, si deve tener conto del fatto che quelli attuali coprono il 40% del costo sostenuto dall’amministrazione per gli interventi presso nuovi insediamenti. Il restante 60% è a carico della collettività. L’alternativa è questa: tra un aumento ragionevole per alcuni e un costo gravoso per tutti.”
 
Il prezzo delle case ha raggiunto livelli altissimi, e non solo a San Benedetto. Come se ne esce?
“La nostra proposta è nota: quote di edilizia residenziale pubblica e convenzionata in tutte le zone della città. Sarà poi l’imprenditore che realizza altre costruzioni a occuparsi anche di queste. In alternativa metterà a disposizione delle aree, su cui interverrà l’Azienda Territoriale di Edilizia Residenziale [Ater, ex Iacp, ndr], che ancora dispone di qualche soldo, nonostante i tagli ai trasferimenti. Ma diciamo no a nuovi ghetti o zone prive di spazi di aggregazione come l’Agraria.”
 
Quale messaggio darebbe alle tre categorie di persone interessate dal Piano: cittadini, costruttori, politici (di maggioranza e minoranza)?
“Ai cittadini di distinguere tra critiche al piano, per le quali siamo disponibili al confronto, e interessi speculativi. I cittadini devono tenere fermo che i diritti pregressi non vengono intaccati. Agli imprenditori che se il Piano va avanti rapidamente i loro interessi saranno salvaguardati. Tra dieci anni potrebbe non essere più così. Ai politici di maggioranza che il Piano è tecnicamente, socialmente ed economicamente valido. A quelli di minoranza, secondo un insegnamento gramsciano, di anteporre il bene della società a quello di partito.”
 
I partiti di maggioranza lamentano uno scarso coinvolgimento nell’elaborazione del piano.
“È vero il contrario. Sono stati proprio loro a bloccare l’attività della commissione urbanistica, impedendone la convocazione per mesi. Noi abbiamo dato tutta la disponibilità a discutere e confrontarci.”

(1- segue)

04/03/2005





        
  



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