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Perazzoli:"Una sanità sanbenedettese da salvaguardare"

San Benedetto del Tronto | "Le dichiarazioni di Ceriscioli destano preoccupazione e allarme; una cosa è parlare di costruire un nuovo ospedale, altra cosa è parlare di ospedale unico. In una Regione, tra l'altro piccola, non ci possono essere troppi pesi e troppe misure".

di Paolo Perazzoli

Paolo Perazzoli


La costruzione di un ospedale unico del piceno è un obiettivo importante, condivisibile ed impegnativo, che però non si realizza con annunci generici ma dovrebbe essere preceduto e seguito da atti concreti delle istituzioni, che purtroppo non si registrano.
Non si può accettare che questo importante obiettivo, divenga la "bandierina" che nasconde i veri e reali problemi e le difficoltà del servizio sanitario che non riesce a garantire i servizi ai cittadini. Nel mentre prendono corpo ipotesi sciagurate e assolutamente non condivisibili.

L'integrazione di due ex zone (e due ospedali) deve avvenire mantenendo una pari dignità e rispettando le vocazioni degli stessi, solo così sarà possibile una reale integrazione, in previsione dell'ospedale del piceno.
Il trasferimento della direzione di area vasta e di tutti i dirigenti nella sede di Ascoli, la messa in secondo piano del direttore sanitario del Madonna del soccorso, unitamente alla contestuale assenza di alcuni primari a San Benedetto, ha determinato un pericoloso senso di abbandono da parte di tutti gli operatori sanitari della struttura.

I posti letto assegnati all'ospedale di San Benedetto, a seguito dell'adeguamento al 3 x mille/abitanti sono n. 233 (DGR 735/2013), attualmente, per carenza di personale, ne sono in attività solo 176 (meno 57); una carenza gravissima per una struttura vocata all'emergenza.

La drastica riduzione dell'offerta ospedaliera, unitamente alle difficoltà di accesso alle prestazioni (liste di attesa), e alla carenza di posti letto residenziali e di servizio domiciliare sul territorio, determina un intasamento della struttura con ripercussioni gravi sui cittadini e sugli operatori.
La conseguenza, è lo spostamento di volumi di prestazioni, sia verso il privato convenzionato, che verso il privato reale, dove i cittadini debbono pagarsi in proprio tutte le prestazioni per le lunghe liste di attesa, oppure per l'aumento del ticket, che rende diverse prestazioni conveniente farle a libera professione.

La contiguità con il vicino Abruzzo ci costringe ad impegnare strutture e risorse per assistere gli abitanti di confine, a questo tentava di rimediare l'accordo tra le OO.SS. e le istituzioni regionali alla fine del 2014, che, riconoscendo il territorio piceno in sofferenza, finanziava un piano di investimento aggiuntivo in tecnologie e personale.
Il piano prevedeva un investimento di €. 7.777.000 per Ascoli: di cui 6.900.000 in tecnologie ed €. 877.000 in personale; ed un investimento di €. 2.260.000 per San Benedetto, di cui €. 760.000 in tecnologie ed €. 1.500.000 di personale, indispensabile per riattivare tutti i posti letto assegnati e al potenziamento dei servizi territoriali e residenziali. Ad oggi non risultano attivati investimenti.

In merito alla questione dei punti nascita, dovrebbero essere smentite categoricamente le voci che circolano sulla possibile chiusura del nostra ostetricia (come punto nascita) per diversi e inconfutabili motivi. Il primo è il fatto che l'ospedale di San Benedetto del Tronto, da sempre, è nell'area vasta 5 il punto con il maggior numero di nascite (oltre 800 nati l'anno) con una media del 31,83% di cesarei (percentuale più bassa della media regionale); un punto quindi di eccellenza.
Il secondo è il misero fallimento dell'Accordo Stato Regioni del 2010 (riportato da tempo sui giornali), che prevedeva la chiusura dei punti nascita sotto ai 500 parti, perchè a rischio sicurezza. La stragrande maggioranza delle strutture in Italia con punti nascita troppo piccoli sono ancora in funzione.

Nel 2014, dei 531 punti nascita in attività, il 28,1% (uno su tre) registra meno di 500 parti; se ancora non si chiudono quelli più piccoli, pensiamo sia quantomeno provocatorio parlare del taglio di quelli più grandi, che registrano i risultati sanitari migliori.

Inoltre, rimane incomprensibile la scelta di posizionare l'ambulanza jolly notturna a Fermo e non a San Benedetto, considerato il polo di emergenza territoriale centrale alle due aree vaste e secondo pronto soccorso delle Marche per numeri di accesso.

28/01/2016





        
  



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