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Romolo Bianco e Milena Cassano: una, cento, mille Napoli

San Benedetto del Tronto | Coinvolgente, accattivante e poetico il terzo appuntamento di In Art con Romolo Bianco e Milena Cassano domenica 16 ottobre al Medoc.

di Elvira Apone

un momento dell'evento di In Art del 16 ottobre

Il terzo appuntamento di In Art, la rassegna che ha come direttore artistico Annalisa Frontalini, domenica 16 ottobre al Medoc ha avuto come protagonista l’artista Romolo Bianco insieme all’attrice Milena Cassano. La serata, organizzata dall’associazione Rinascenza, si è aperta con la presentazione del suo primo romanzo dal titolo “IoDipiù” (Pironti editore) e, dopo la cena, si è conclusa con “Napolide”, l’accattivante concerto dell’artista napoletano che, accompagnato dalla splendida voce recitante di Milena Cassano, ha magicamente condotto il pubblico in un viaggio attraverso la canzone napoletana d’autore.

Ma Romolo Bianco ha fatto conoscere anche altri aspetti di una Napoli non a tutti nota, una città poliedrica e complessa, fatta di tanti volti, di molteplici anime che vi si incontrano, si scontrano, convivono, si respingono, si attraggono e a volte si sovrappongono, abitata da un crogiolo di etnie e di culture diverse. Una Napoli che, come lui stesso ha affermato, è multicolore: dal bianco della borghesia bene al nero della camorra, passando per il grigio della gente comune, dei perdenti, o meglio ancora, di coloro che non hanno nemmeno il coraggio di lottare. Un percorso questo, che Romolo Bianco ha svelato pian piano, prima parlando, insieme al magistrato e poeta Ettore Picardi, del suo racconto lungo ambientato nel grigiore della periferia occidentale di Napoli, poi, in un crescendo sempre più emozionante e vivace, mostrando la faccia più bella e poetica di Napoli, quella di cui i napoletani vanno più fieri, quella che costituisce il loro migliore biglietto da visita, seppure non sempre la più vera: quella della canzone d’autore, che Romolo Bianco ha portato e porta in tutto il mondo. A incastrarsi con il melodioso flusso musicale, parole che non solo dicevano, ma alludevano, scavavano nelle coscienze e scuotevano le anime, versi potenti e incisivi scritti dall’artista e affidati alla voce ferma e suadente di Milena Cassano, interprete convincente e appassionante.

L’intervista che Romolo Bianco ha rilasciato, che è stata piuttosto una chiacchierata informale da cui sono emerse la sua spontaneità, disponibilità e voglia di comunicare, ha anche rivelato una personalità intelligente e brillante, animata sopra ogni cosa da un’enorme passione per quello che fa e che generosamente condivide con il pubblico. Questo è quanto lo scrittore, musicista e cantante ha raccontato della sua esperienza:

“Che cos’è per te la napoletanità? Che cosa significa Napolide?”

Romolo Bianco: “Parlare della napoletanità è molto complicato anche perché Napoli è una città molto grande e complessa. Per quanto riguarda il titolo che ho scelto per il mio spettacolo, cioè Napolide, l’ho preso dal titolo di un libro del grande scrittore napoletano Erri De Luca che si chiama, appunto, Napolide, ma la mia accezione è completamente diversa. Io sono un apolide perché da molti anni non vivo più a Napoli e ho la fortuna-sfortuna di portare la canzone napoletana nel mondo; nell’essere apolide, cioè nella mia dimensione nomade, porto sulla mia pelle l’effige della napoletanità; quindi, apolide diventa napolide, cioè un apolide che esprime la napoletanità che si fonde, si mescola con i posti in cui io vado, contaminando così la mia napoletanità con le atmosfere europee con cui entro in contatto”.

“Come viene recepita, quindi, la napoletanità all’estero?”

Romolo Bianco: “Chi mi ascolta all’estero inizialmente percepisce quelle che sono le atmosfere di Napoli, poi, però, assiste e coglie quella che è Napoli per me, cioè la mia idea di Napoli, che va persino al di là di Napoli stessa, cioè Napoli diventa una sorta di scalo attraverso cui la musica napoletana si unisce a quella del Mediterraneo. È così che il porto di Napoli diviene quello di Marrakech, di Marsiglia, di Tunisi e Napoli riscopre questa dimensione di scalo del Mediterraneo. La napoletanità è, quindi, lo strumento attraverso cui ci si immerge in una sorta di Mediterraneo di narrativa, di poesia, di musica”.

“Come mai hai deciso di scrivere un romanzo?”

Romolo Bianco: “In realtà la mia dimensione di scrittura viene prima di tutto, cioè è la sostanza di ciò che artisticamente sono, poiché io scrivo da sempre. Il cantante è stato, in un certo senso, “usato” per portare avanti il mio discorso di scrittura perché io nasco come scrittore e, solo in un secondo tempo, ho iniziato a cantare la mia città e, nel cantarla e recitarla, faccio sentire la mia scrittura. La mia narrativa racconta la periferia di Napoli, che non è né quella nera della Gomorra di Saviano né quella che io canto, cioè quella di Totò ed Eduardo, ma una periferia grigia, a metà strada tra i due colori, quella che non fa notizia, una periferia che può essere quella di qualsiasi città, la periferia come concetto”.

“Cosa pensi del fenomeno assai diffuso dei cantanti neomelodici napoletani?”

Romolo Bianco: “Penso che sia un fenomeno antropologico e sociologico. A prescindere dal prodotto che esce fuori, i neomelodici napoletani hanno comunque un pubblico, un pubblico di natura popolare, quello di un’altra Napoli che pensa come loro scrivono e ascolta la loro musica. Che il prodotto sia scadente è ovvio, ma in questa giungla del mondo neomelodico, esiste una forma di poesia persino degna di lode, nonostante si usino dei mezzi non facilmente comprensibili persino ai napoletani stessi, quelli della Napoli borghese, per esempio. Diciamo che i neomelodici sono il punto di riferimento di un’etnia”.

“Che cosa significa per un napoletano vivere lontano dalla propria città?”

Romolo Bianco: “È molto difficile. Per quanto mi riguarda, la mia non è stata una scelta voluta, ma obbligata, anche perché io sono sempre stato fuori dai giri teatrali, canzonettistici, ho sempre ricercato un mio stile, un mio ritmo e a Napoli purtroppo non c’è spazio per la sperimentazione. Stare lontano dai posti a me cari, da un lato, mi distrugge sul piano umano, ma, dall’altro, proprio standone lontano, comincio realmente ad abitarli. La lontananza diviene, così, carburante per la mia scrittura”.

“Pensi, quindi, che per un artista sia difficile esprimersi in Italia?”

Romolo Bianco: “In Italia il pubblico è poco attento al nuovo; nel nostro paese c’è una reverentia antiquitatis, cioè la concezione che solo ciò che è vecchio è di valore e il nuovo no, o comunque lo diventa solo dopo che è divenuto vecchio. L’Italia è un paese eternamente al passato remoto, quindi anche il nuovo che c’è non viene notato. Questo atteggiamento spinge molti artisti ad andarsene o a non essere scoperti; a Napoli stessa ci sono molti talenti nell’ambito della scrittura e della canzone che non troveranno mai la luce perché Napoli, come tutta l’Italia, è una città molto pigra nei confronti del nuovo”.

“Cosa pensi della rassegna In Art, che vuole portare l’arte e gli artisti in mezzo alla gente, in un luogo come un pub che è alla portata di tutti?”

Romolo Bianco: “Questa è la cosa più importante di un’iniziativa del genere. Tornando al discorso dell’Italia, infatti, la cultura sta diventando cultura cristallizzata, con Benigni che recita la Divina Commedia, cosa che altri hanno già fatto prima di lui. Con tutto il rispetto per Benigni e per La Divina Commedia, penso che se abbiamo bisogno di lui per fare avvicinare la gente alla Divina Commedia, significa che abbiamo un problema di testimonial della cultura, che non hanno la volontà di scendere giù. Per quanto Benigni abbia condotto bene quest’operazione, capiamo, però, quanto la cultura sia appannaggio di pochi e non bisogna stupirsi se le reti televisive più importanti, tipo Mediaset e la Rai, continuino a mettere nei loro palinsesti programmi orribili che, purtroppo, fanno ascolti, molto di più che in altri paesi del mondo. Questa è la conferma che stiamo vivendo una regressione”.

Anche l’attrice Milena Cassano ha detto qualcosa di sé:

“Quale è la tua formazione e quali sono le tue esperienze artistiche?”

Milena Cassano: “Ho frequentato due accademie, ma mi sono diplomata all’Accademia Internazionale di teatro a Roma, città in cui ho fatto spettacoli di diverso genere con Silvio Marco Tullio, Marco Pasotti, Patrizia La Fonte; ho fatto, per esempio, teatro danza, clownerie, vengo anche dal teatro di Lecoq, dal teatro di strada. Quindi, non mi sono orientata solo sul teatro classico. Poi ho cominciato a lavorare tra Napoli e Ischia, anche se ogni tanto torno a Roma per fare degli spettacoli. A Ischia lavoro con enti, comuni, compagnie teatrali, ad esempio, recentemente abbiamo fatto una bella stagione di teatro greco al museo di Pithecusa, dove abbiamo portato “Le Metamorfosi” di Ovidio e una riscrittura dell’Odissea. Inoltre, ho fatto anche la regia di alcuni spettacoli e con una mia compagnia porto avanti un laboratorio di recitazione”.

“Tra le varie esperienze teatrali che hai avuto, quale preferisci?”

Milena Cassano: “Come attrice preferisco il teatro classico, quello di parola, mentre come regista mi piace di più lavorare sul teatro comico, sulle gag, sulle clownerie; in generale, mi piace spaziare. La recitazione è il mio primo amore; inoltre, io scrivo anche testi teatrali, ad esempio, ultimamente abbiamo fatto con gli allievi dei miei laboratori una parodia del sistema televisivo, uno spettacolo molto movimentato, con attori che da spettatori diventavano protagonisti di telenovela e talk show con onda e fuori onda, svelando tutti i retroscena che si nascondono dietro i programmi televisivi, insomma, una parodia dei vizi dei personaggi della TV.

“Hai detto che tieni corsi di recitazione. Ti piace insegnare?”

Milena Cassano: “Sì mi piace molto e conto di continuare anche su questa strada. Ho allievi, sia bambini sia adulti, dai sedici ai cinquantacinque anni, che mi seguono da anni con lo stesso entusiasmo. Ovviamente, parliamo di teatro amatoriale; anch’io, personalmente, sento di avere ancora molto da imparare”.

“Come e quando è nata in te questa passione?”

Milena Cassano: “Sin da piccola mi piaceva leggere e recitare. Poi, però, ho deciso di fare prima l’università e poi le accademie, per far diventare la mia passione una professione, quindi, ho iniziato relativamente tardi, anche se continuo ancora a fare corsi e stage per migliorare la mia preparazione accademica”.

“Come è iniziata la tua collaborazione con Romolo Bianco?”

Milena Cassano: “Ero una fan di Romolo e lo seguivo già da diverso tempo; poi lui mi ha vista recitare e mi ha contattata, dicendomi di aver bisogno di qualcuno che leggesse i suoi testi. È così che mi ha coinvolta nei suoi spettacoli e di questo sono davvero contenta, dal momento che lo ammiro tantissimo come artista perché è sia cantante, sia autore, sia attore e fa un genere vincente, cioè porta la napoletanità nel mondo. Nel suo spettacolo “Napolide” io faccio dei piccoli interventi leggendo delle cose che lui ha scritto; inoltre, leggo dei brani tratti dal suo libro durante le presentazioni che stiamo facendo in giro”.

Domenica scorsa, dunque, al terzo incontro di In Art, è avvenuto una specie di miracolo: in un’atmosfera magica e coinvolgente, in cui l’arte è stata l’indiscussa protagonista, la contagiosa vitalità di Romolo Bianco, il suo talento e la sua universale napoletanità, la forza e l’energia della sua musica e l’entusiasmo di un pubblico partecipe e attento hanno contribuito a rendere la serata non solo memorabile, ma carica di quelle emozioni che restano a lungo nel cuore.

 

 

 

 

 

18/10/2016





        
  



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