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Crisi adolescenziale: scagioniamo i social network

San Benedetto del Tronto | Alice, come tanti giovani, vive con ansia questo momento nefasto per i giovani: "Roma Sud, sedicenne si lancia dal terzo piano del liceo". "Quattordici anni, suicida a Novara". "Canada, scatti a seno nudo pubblicati sul web, ragazzina si toglie la vita".

di Alice Galasso

L'inchiostro nero definisce con chiarezza ed austerità sulle pagine dei giornali i titoli di stampa, mentre nella mia mente si imprimono i forti messaggi lugubri.
E' impressionante come certi eventi, indelebili, a volte celati e trascurati dai media, macchino la nostra "bella società".

Possiamo constatare dalle pubblicità come dai programmi televisivi mostratici quotidianamente che siamo sovrastati da un mondo brillante: stelle dello spettacolo, modelli di vita da imitare dettati da un consumismo patologico, archetipi perfetti di allegre famiglie.. La notorietà è il dogma principale nella dottrina dell'Apparire. Religiosamente custodiamo, come statuette da idolatrare, la nostra reputazione e il nostro aspetto.

Ogni giorno veniamo oppressi dal peso di maschere che siamo costretti a portare per piacere agli altri e per farci accettare. In un clima così ipocrita vivere l'adolescenza, un'età già di per sé problematica e turbolenta, è ancor più un'impresa. Infatti, mentre cerchiamo di placare le nostre confusioni, di capire noi stessi e di formare un nostro carattere, dobbiamo seguire le nuove mode, aggiornarci sugli eventi nei locali più frequentati, informarci sui gossip del momento..

Nella maggiorparte dei casi questa cura assidua della nostra esteriorità prende il sopravvento e diventa tanto un'ossessione quanto una ragione di vita. Un passo falso, quindi, un piccolo errore di percorso, se finisce sulla bocca di tutti, può distruggere l'intera persona e farla cadere nel baratro. Si può pensare - erroneamente - che i social network ne siano gli unici colpevoli perché facilitano e velocizzano la diffusione delle notizie tra i ragazzi - e non solo. E' dunque per questo motivo che negli ultimi anni i suicidi di adolescenti sono circa il 6% delle morti totali? Assolutamente no.

Io non credo che facebook o twitter siano mai stati in grado di uccidere qualcuno. Prendiamo il caso di Amanda Todd: la quattordicenne a causa della pubblicazione sul web di proprie foto a seno nudo da parte di un tizio conosciuto in chat, dopo essersi vista isolata da amici e parenti, dopo un anno e vari inutili trasferimenti, ha deciso di farla finita.

Non è stato, quindi, un semplice e veloce clic a rovinare un'intera vita, ma un'intolleranza diffusa che ha portato a ignorare completamente le grida di aiuto della ragazza.
Tornando entro i nostri confini, pensiamo invece al liceale albanese che ha tentato il suicidio gettandosi dal terzo piano della sua scuola a Roma. Qui duplici sono le cause: "Problemi in famiglia" ha affermato un professore; "Gli altri ragazzi lo prendevano in giro perché omosessuale" ha ribadito la migliore amica. La civetteria morbosa colpisce ancora, accompagnata da difficoltà nelle relazioni con i genitori - un fattore molto comune.

Sono, questi, omicidi la cui arma del delitto non è una piattaforma sociale, una piazza virtuale, bensì la crudeltà della gente. La continua ricerca del pettegolezzo da ingigantire è il passatempo preferito di chi gode del male altrui. Non è quest'ultima una peculiarità di ogni epoca? Come è vero che nell'Ottocento una notizia non tardava a scagliarsi come bomba ad orologeria contro qualcuno per distruggerlo, è altrettanto facile che lo stesso fosse accaduto nel Seicento e così via.. Sfatiamo, dunque, ogni falsa accusa contro Zukerberg o Dorsey e guardiamo a come si sia espansa oggi l'epidemia del gossip.

A contribuire nello sviluppo di questa malattia provinciale sono nati interi giornali incentrati sugli scandali amorosi dei vip, pagine su pagine di riviste per tredicenni ricche di novità sulle ultime fiamme delle star del momento, lunghi programmi televisivi dedicati al culto del pettegolezzo e chi più ne ha più ne metta.. Il gossip non è solo un'occupazione a tempo perso, ma fornisce lavoro a giornalisti e fotografi.

E non importa a chi si arrechi danno e quali riscontri possano esserci sui sentimenti e sulle vite altrui purché il divertimento del pubblico sia assicurato. Possiamo definirla una pratica atroce e diffamante, una violenza di massa che ferisce chiunque senza distinzione.

02/07/2013





        
  



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