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S. Antonio Abate, tra religione e tradizione popolare

San Benedetto del Tronto | La festa di S. Antonio Abate, una volta, era molto sentita ed attesa. Ad essa i contadini, ma anche i paesani, si sentivano legati da antiche tradizioni e da sentimenti religiosi.

di Antonio De Signoribus

Un'immagine di Sant'Antonio Abate

Ma chi era S. Antonio, una volta così venerato in tutte le campagne? Si sa che nacque da una famiglia ricca. Rimasto orfano, lasciò le sue ricchezze alla comunità contadina, secondo un costume frequente a quei tempi, per ritirarsi nel deserto.

Qui cominciò a lottare contro il maligno che lo incitava al peccato; lotta questa ampiamente illustrata, fino ad assumere le caratteristiche dell'incubo,nei quadri di Bosch,di Teniers,di Bruegel,o nel romanzo di Flaubert,"La tentazione". L'immagine di S. Antonio con il maiale indiavolato è inseparabile nella tradizione popolare. Morì il 17 gennaio del 356. Nell'XI secolo le sue reliquie furono portate in Francia. Questa traslazione spiega la grande devozione che la Francia e tutto l'Occidente ebbero per il Santo. Non bisogna dimenticare che è invocato per la guarigione di numerose malattie infettive, e in special modo per una grave infiammazione per l'appunto chiamata "fuoco di S. Antonio".

E' il protettore degli animali domestici. La festa in suo onore iniziava al mattino presto con il saluto familiare di grandi spari, che portavano subito nel clima della giornata. Si assisteva, poi, alla Messa solenne nella chiesa stracolma di gente vestita a festa e il tutto non era consueto in una società estremamente povera. Dopo la messa, c'era (e in alcune parti c'è ancora),il rito di mangiare il pane benedetto di S. Antonio, del quale neanche una mollica doveva andare sprecata. Subito dopo, nello spiazzo antistante la chiesa, si svolgeva la benedizione degli animali. Era, questa,una occasione di divertimento da non perdere,una vera e propria festa, visti gli animali (in genere maialetti, buoi,asini, cani, gatti) così infiocchettati e puliti per l'occasione che si contendevano il premio del migliore.

Nel pomeriggio,invece, la festa proseguiva, in genere, con il "palo della cuccagna". Tanti giovani davano vita ad una gara entusiasmante su quel palo infinito, reso volutamente viscido per rendere la scalata ai premi mangerecci ancora più difficile. Nelle Marche,la festa poteva avere il suo momento più intenso quasi sempre con un ballo popolare, specie con il saltarello, accompagnato, s'intende, da corni e tamburi sino a tarda notte.

Ma in questa circostanza la solita nenia si convertiva in un tempo allegro, conforme alle esigenze del ballo. Parte integrante della festa di S.Antonio era, poi, considerato il fuoco. Secondo alcuni i riti attorno alla sua figura testimoniano un forte legame con le culture precristiane, soprattutto quella celtica e druidica. E'nota, infatti, l'importanza che rivestiva presso i Celti il rituale legato al fuoco come elemento beneaugurante, ad esempio in occasione delle feste di Beltaine e di Imbolc: quest'ultima ricorrenza, che veniva celebrata il primo febbraio, salutava la fine ormai prossima dell'inverno e il ritorno imminente della bella stagione,con le giornate che iniziano ad allungarsi.

Una festa, dunque, di origini antichissime, festeggiare la quale significava,ogni anno, scatenare le forze positive e, grazie all'elemento apotropaico del fuoco, sconfiggere il male e le malattie sempre in agguato. Una festa di buon auspicio per il futuro e all'insegna dell'allegria.

17/01/2008





        
  



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