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Il settore orafo marchigiano

San Benedetto del Tronto | La qualità dello stile e la creatività non risollevano il comparto

di Luigina Pezzoli

Il settore orafo marchigiano, nonostante un'incontrastata supremazia quantitativa e qualitativa, non riesce a fronteggiare un drastico calo delle esportazioni. Nel corso del 2006, infatti, il valore dell'export si è attestato intorno ai 4.600mila euro contro i 5.500mila euro dell'anno precedente per un decremento complessivo pari a -17%. Il mercato è stato interessato, al contempo, da un'ingente immissione di prodotti stranieri, provenienti soprattutto dalla Cina e dall'India.

I dati parlano. Il valore dell'import di gioielli ed articoli di oreficeria nelle Marche ha raggiunto nel 2006 quota 1.323.798 euro, pari a quasi il doppio del valore raggiunto nel 2005 e facendo registrare un incremento di circa il 92%. A risentire di tale andamento sono ovviamente anche i dati relativi a flussi di interscambio che hanno evidenziato un progressivo rallentamento della crescita: è stata infatti registrata una flessione degli interscambi commerciali di oltre il 5%. Ma un altro fattore-ostacolo è determinato dalla difficoltà di selezione di committenti affidabili.

Questo quanto emerge da un'indagine della Camera di Commercio di Milano i cui dati per le Marche sono stati elaborati dall'agenzia giornalistica Dalla A alla V. Nella nostra regione si contano quasi mille unità produttive, si tratta per lo più di piccole e medie imprese a forte componente artigianale, spesso impegnate nel ciclo completo della lavorazione, dal design al marketing. Disaggregando il dato a livello provinciale si evince che è la provincia di Ancona a detenere il primato per numero di imprese che operano nel settore dei preziosi posizionandosi al 34° nella graduatoria nazionale con 270 imprese. Seguono Macerata al 37° posto con 260 aziende, Ascoli Piceno al 40° con 236 e Pesaro e Urbino al 57° con 191.

L'identikit delle imprese di successo del settore indica tre profili vincenti: le piccole marche, i conto-terzisti di alta qualità, i senza marca. I primi hanno puntato da tempo sulla promozione di un marchio investendo in design, pubblicità e marketing e sono fortemente votati all'export. I secondi sono gli artigiani che lavorano per le grandi firme della gioielleria mondiale e che hanno investito in modo significativo nell'innovazione dei processi produttivi e nella qualificazione della manodopera. Infine i senza marca, ovvero coloro che hanno preferito l'elevata qualità dei prodotti alla pubblicità e hanno saputo attivare canali di distribuzione alternativi per raggiungere il mercato.

 

 

03/05/2007





        
  



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