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Storia di Chantal: la sua lotta per i bimbi del Paraguay

Sant'Elpidio a Mare | Fondatrice dell'associazione Justicia y verdad, in Italia ospite della Funima International, racconta la sua esperienza di ogni giorno, nella povertà e nei drammi dei bambini di strada

di Pierpaolo Pierleoni


Doveva essere un’intervista. Ma più che un’intervista è stato un racconto, e più che un racconto un viaggio. Un viaggio sofferto, aspro, accorato, sulla realtà del sud America, sulla vita disperata di tanti bambini paraguaiani, senza un tetto ed una famiglia, abituati solo a sopravvivere per strada. Chantal Hulin vive con loro, giorno dopo giorno, cercando di portare conforto ed una vita dignitosa ad oltre 900 bambini di Asuncion, capitale del Paraguay. A migliaia, laggiù, vivono in condizioni di povertà estrema, vale a dire senza cibo, vestiti, casa, assistenza medica.

L’associazione di cui Chantal fa parte, Justicia y verdad, mette a disposizione un Dispensario medico, per offrire quell’assistenza sanitaria che lo Stato non garantisce. Due dottoresse, uno psicologo, un’infermiera a tempo pieno, un pedagogista, e un gruppo di collaboratori visitano e danno medicinali ai bambini ed alle loro famiglie, per più di 8.000 asistenze mediche annuali. Si offre anche un bagno caldo, dei vestiti puliti, ed un po’ di calore umano, di amore, che difficilmente capita a quei piccoli di incontrare.

Chantal ha trascorso il periodo natalizio in Italia, ospite dei membri della Funima International, la cui sede è a Sant’Elpidio a Mare. Con la fondazione che aiuta i bimbi argentini è nato un rapporto d’intensa collaborazione, ma ancor di più di amicizia, e nel corso delle feste sono state diverse le iniziative organizzate insieme per raccogliere fondi. Ed è proprio alla sede della Funima che la incontriamo. Sorride, ed in uno spagnolo misto ad italiano, perfettamente comprensibile, racconta la storia di cui ogni giorno è testimone.

“Da due anni diamo una mano ai bambini di Asuncion – racconta – E’ qualcosa che volevamo fare da tanto tempo, ma che ora è diventato un impegno concreto. E’ una lotta in favore della vita. In Paraguay il 63% della popolazione vive in condizioni di povertà estrema, ed è una quantità in continuo aumento. Come se non bastasse è uno dei Paesi più corrotti al mondo. Droga, traffico d’armi, sfruttamento sessuale, mercato di organi”. Non spara a casaccio, Chantal. Racconta verità sconvolgenti, non risparmia dettagli, racconti di vita vissuta, cose viste in prima persona. Anche per questo ha fondato la rivista Punto Rojo, che si occupa di dar voce a storie difficili da digerire, ma di cui è giusto promuovere la conoscenza.

“I bambini spariscono dalla strada ogni giorno. A volte vengono rapiti, altre sono i familiari a venderli. C’è un mercato nero che li porta negli Stati Uniti, e nei ricchi Paesi europei. Anche in Italia. Due reni si vendono a 170.000 euro, la cornea a 30.000, il fegato a 150.000, solo per fare qualche esempio. I bambini vengono presi e portati all’estero, fatti a pezzi e venduti come bestie. Per questo abbiamo diffuso un’opera che si chiama La mafia vestita di bianco, dove invitiamo la gente a guardare con attenzione al mondo medico. Purtroppo esiste nel mondo chi si arricchisce con questo traffico. Qualche tempo fa ero con un fotografo americano, Chet Gordon. Una donna era pronta a vendergli due dei suoi figli. Siamo stati al gioco per capire se sarebbe arrivata fino in fondo. Abbiamo contrattato sul prezzo, per poche centinaia di dollari ci avrebbe venduto i suoi bambini”.

Parla, Chantal, il suo racconto è un fiume ininterrotto, fatto di episodi, della sua vita, delle incredibili situazioni che ogni giorno combatte. “Un altro mercato molto redditizio è quello della pedofilia, c’è un turismo molto consistente dai Paesi ricchi, sia etero che omosessuale. I bambini più richiesti vanno dai 4 agli 8 anni, se sono ancora vergini e non sono stati già venduti costano di più, la gente che li frequenta li preferisce perché così evitano malattie sessuali. Per tenere rapporti vengono drogati, tant’è che la gran parte di loro muore in seguito alle sostanze che gli vengono somministrate. Se sopravvivono, portano con sé per sempre i traumi fisici e mentali di certe esperienze”.

Chantal si ferma per un attimo, probabilmente coglie un moto di disgusto nei miei occhi. Sono storie che capita di sentire nei reportage in tv, ma ascoltarle così, crude, da chi le osserva in prima persona, fa un altro effetto. “Lo so che è pesante ascoltare queste cose, ma le devi sapere. Dovrebbero saperle tutti”.

L’associazione Justicia y verdad, oltre al suo compito di denuncia, si occupa anche di promuovere dibattiti e conferenze, per sensibilizzare la popolazione, per educare i bambini delle scuole alla legalità. A scuola vanno i bimbi più benestanti, quelli con un pasto garantito ed una famiglia, ma anche lì non mancano situazioni drammatiche. “Andiamo a fare prevenzione contro la droga, il tabacco, l’alcool. Ma quasi sempre ci accorgiamo che bambini di 10 anni, a volte meno, conoscono già molto bene certe questioni. Cerchiamo di proporre lezioni interattive, per far raccontare ai bambini le loro esperienze. In tanti devono già a quell’età superalcolici, o hanno fumato sigarette. E parliamo di ambienti benestanti. Ma anche lì non c’è nessun controllo da parte di famiglie e insegnanti”.

Passiamo a parlare dell’impegno quotidiano dell’associazione, delle attività all’interno del Dispensario medico. Chantal racconta dei suoi bambini, che la chiamano Tia (un vezzeggiativo tipo ‘zietta’, anche se non esiste una traduzione precisa) e corrono ad abbracciarla appena arriva al Dispensario. Episodi di grande tenerezza e umanità sul rapporto che si instaura tra i bambini di strada paraguaiani e i collaboratori di Justicia y verdad.

“Ci vuole tempo per conquistarli. Serve pazienza. All’inizio sono molto diffidenti, non parlano… poi iniziano ad aprirsi, tutto molto lentamente, passo dopo passo. Dopo qualche mese si fidano completamente, diventano affettuosi. La mattina è dedicata alle visite mediche. Lo Stato dice che la sanità in Paraguay è gratuita. Niente di più falso. Ho girato 22 ospedali, ho le registrazioni, ed in tutti per la visita si chiedono dei soldi. Noi le facciamo gratuitamente. Il pomeriggio è dedicato alla pulizia. I bimbi vengono lavati, gli viene dato un trattamento contro pidocchi e parassiti, diamo loro vestiti puliti. E cerchiamo di offrirgli un po’ d’amore. Una treccia per pettinare i capelli, un fiore, un gesto d’affetto. Io sono cresciuta in una famiglia benestante. Ho studiato, ho viaggiato, non mi è mancato niente. Vivevo, come posso dire, come in una bubuca (vuol dire una bomboniera, una sfera di cristallo), poi ho scoperto questo mondo”.

Chantal, circondata da rappresentanti della Funima International, che l’hanno ospitata in questi giorni, parla poi della sua esperienza italiana, e subito, dopo aver raccontato tutti i dolori e le ingiustizie del Sud America, si apre in un sorriso.

“E’ stato bellissimo, ho passato giorni stupendi. La Funima ci dà un aiuto incredibile. Ci invia ogni mese 700 euro, per noi sono una cifra importante, ci aiuta ad andare avanti, a pagare l’infermiera del dispensario, l’unica che percepisce uno stipendio, e ad affrontare le spese. Raul Bagatello (il presidente della Funima International, che da diversi anni nelle Ande argentine vive al fianco dei bambini poveri cui offre ogni giorno un pasto caldo, ndr) è un uomo eccezionale. Quello che fa per i bambini argentini è incredibile. Ogni volta viene da noi con un bagaglio enorme di regali, vestiti, medicinali. Qui in Italia abbiamo fatto insieme a Funima delle belle iniziative. Siamo stati anche a Pordenone, ad una conferenza con Giorgio Bongiovanni. Fantastico, c’erano più di 400 persone, ho raccontato la mia esperienza davanti a tutti loro. Apprezzo molto il messaggio di Bongiovanni sull’amore universale. Poi è una persona che fa tanto per chi soffre. Si può pensare ciò che si vuole sulle stimmate e sulla sua esperienza spirituale, io guardo a quello che fa, ed è una persona che si dà da fare per i più poveri. Questo è l’importante. Qui in Italia un signore è venuto da me e mi ha offerto 20 euro. Mi ha detto: con questi, ti prego, non comprare un medicinale o dei vestiti, compra loro un giocattolo. Mi sono commossa, perché quei soldi me li ha dati il bambino che è dentro quell’uomo”.

Sono passate quasi due ore, quando terminiamo la conversazione, fitta di ricordi, episodi, particolari. Chiudiamo guardando al futuro. “Il nostro impegno si allarga – promette Chantal – Vogliamo iniziare un percorso d’istruzione. Abbiamo già pronto un professore che ci aiuterà per portare a scuola i bambini della strada. Il passo successivo sarà quello di insegnargli un mestiere, avviarli ad una professione che li tolga per sempre dall’ambiente disperato in cui sopravvivono ogni giorno, andando avanti soprattutto di elemosina. Perché se alla fine di questo percorso non riusciamo a togliere definitivamente questi bambini dalla strada, allora tutto quello che facciamo ogni giorno serve a poco”.

Chantal Hulin prende una pausa, sorride, e mi lancia una proposta. “Facciamo così. Ci diamo un appuntamento. Ci rivediamo per la prossima intervista quando il primo bambino venuto da noi sarà cresciuto, avrà imparato un lavoro e sarà per sempre lontano dalla vita di strada. Torno in Italia con lui, e ti racconterà la sua storia. E’ una promessa”. Hasta luego, Chantal, scommetto che la manterrai.

09/01/2007





        
  



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