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Case di terra

Sant'Elpidio a Mare | Conferenza domani sera presso la contrada San Martino

di Stefania Ceteroni

E' in programma per domani sera la conferenza “Le case di terra: storia e memoria” proposta dalla Contrada San Martino e dall’Associazione Santa Croce.

L’appuntamento è fissato presso la sede della Contrada San Martino alle ore 21.30 ed interverranno la professoressa Augusta Palombarini – Università di Macerata – sul tema “Le case di terra nelle Marche” e il dottor Marco Coppari “La presenza degli atterrati nel territorio elpidiense”.

In Italia, le aree di addensamento delle case di terra e paglia sono sostanzialmente quattro: le Marche centro-meridionali, l’Abruzzo teramano e aquilano, la Toscana nord-occidentale e la Sardegna. La loro presenza in questi territori è spesso indicata dai toponimi casette, cascinare, pagliare, ecc. Nelle Marche l’edilizia in terra cruda sembra essere riconducibile alla tradizione medievale anche se l’edificazione degli atterrati in regione inizia a farsi consistente solo nel Sei-Settecento, fino a divenire una realtà affermata ed in continua espansione nel corso dell’Ottocento.

La materia prima impiegata consisteva di un impasto di terra (80%), paglia trita, acqua e sterco, capace di assicurare agli abitatori sia il vantaggio di una spesa piuttosto bassa che quello di un buon isolamento dal caldo e dal freddo. Sembra inoltre che tali manufatti, se realizzati con accuratezza, risultassero molto durevoli e perfettamente salubri. Erano sostanzialmente tre i sistemi di costruzione adottati nell’Italia centrale: il primo consisteva nella graduale sovrapposizione di grossi pani di terra; una variante prevedeva invece l’utilizzo di grossi blocchi di impasto fresco pressato e battuto; il sistema più complesso richiedeva infine l’utilizzo di casseforme in legno costituite da piani verticali di tavole. In quest’ultimo caso l’impasto veniva colato all’interno della struttura, battuto e fatto asciugare. La casa di terra può presentarsi in due distinte tipologie: l’abitazione unifamiliare a due piani, dimora tipicamente contadina in cui la disposizione degli ambienti ricalca quella della casa colonica mezzadrile; le abitazioni a schiera dei braccianti, costituite da due ambienti quadrati sovrapposti, cucina al pianterreno e camera da letto al piano superiore.

La casa di malta è stata sempre associata a condizioni di vita miserevoli. La abitava il coltivatore con pochissima terra o il bracciante senza terra. Il secondo solo saltuariamente era occupato in attività agricole, per il resto si doveva arrangiare tra lavori precari, raccolta di letame o erbe e pascolo abusivo. La moglie era spesso una lavandaia o si occupava dei lavori grossi presso le case di città, i figli giovani raccoglievano erba per le scuderie signorili o andavano a garzone per soli vitto ed alloggio. Così si scriveva di loro: “Nelle campagne vi sono qua e là sparsi molti gruppi di case costruite con mota e paglia abitate dai proletari e dai ladri di campagna, le quali però sono talmente fatte da potersi più chiamare capanne”…

21/04/2005





        
  



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