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Depositata la richiesta di rinvio a giudizio per i Cinque di "CASA DI ALICE"

San Benedetto del Tronto | Un piccolo racconto degli orrori è contenuto all'interno del Decreto di giudizio immediato-artt. 455,456 cpp-

di Sabrina Cava

Domenico Seccia

 Depositata presso la Procura di Fermo la richiesta di rinvio a giudizio immediato  artt. 455 e 465 ccp per i cinque  operatori di Casa di Alice, agli arresti domiciliari dal 16 luglio 2014.

Come ormai  noto  si tratta di Roberto Colucci, 47 anni, coordinatore, Rossana Raponi, Maria Romana Bastiani, Susan Ciaccioni e Luciana D'Amario.

Al termine delle indagini il Pubblico ministero  dott.  Domenico Seccia ha formulato l'istanza che è stata accolta dal Giudice per le indagini preliminari, dott. Marcello Cozzolino, che ha fissato la prima udienza dibattimentale per il 21 gennaio 2015.

 A corredo della richiesta del  rinvio a giudizio sono state depositate anche le motivazioni che hanno portato a questa decisione.

A leggerle c’è da rabbrividire poiché i cinque imputati sono coinvolti sia in singole azioni che  in concorso tra loro.

Alcuni dei  ragazzi e ragazze coinvolti sono minorenni per cui la privacy ma anche un senso di protezione naturale  impongono la massima cautela nel parlare di questa vicenda che però, non va assolutamente taciuta e che li ha già provati fortemente insieme alle famiglie che hanno annunciato la costituzione di  parte civile.  

In  capo ai cinque operatori pendono accuse molto forti.

 Del resto che qualcosa di grave fosse successo in quella struttura denominata “Casa di Alice” in forza alla Cooperativa Koinema che era ritenuta fino a quel momento una eccellenza nel campo del supporto alle persone affette da sindrome autistica era intuibile se, per ben tre volte, il giudice aveva riconfermato gli arresti domiciliari per i cinque operatori coinvolti.

Infatti a supporto del convincimento della Procura ci sarebbero inequivocabili elementi di prova quali videoriprese, verbali di informazioni testimoniali, relazioni della Polizia giudiziaria nonché consulenze tecniche e interrogatori degli imputati.

Si parla in capo agli operatori, sia come singoli agenti che in concorso tra loro,  di maltrattamenti con violenze fisiche e psicologiche ripetute, di sequestro e privazione della libertà personale” a danno dei  ragazzi ospiti della struttura molti dei quali come abbiamo detto minorenni.

I ragazzi affidati a questi operatori per ragioni di educazione, cura, vigilanza e custodia,  venivano rinchiusi per lunghi periodi di tempo all’interno della stanza di contenimento presente nella struttura, senza la giustificazione di alcun comportamento pericoloso che ne giustificasse la necessità”.

Alcuni “costretti ad urinarsi addosso durante la permanenza in sequestro”.

Lasciati all’interno di una stanza di contenimento ricavata nella struttura procurando ad alcuni “manifestazioni  di disperazione fisica e verbale” e per lunghi periodi.

Ancora si parla di “prese forzate” al fine di costringere questi ragazzi a sostare immobili in alcune zone della struttura al cui diniego seguiva il contenimento nella stanza,  prese forzate a seguito di atteggiamenti vivaci ma non aggressivi e/o pericolosi” il disposto del rinvio a giudizio, “prese forzate e in una circostanza anche lancio di oggetti”, “violente prese forzate alle braccia e alla testa, spintoni e gomitate”.

Insomma un piccolo racconto degli orrori questa richiesta di rinvio a giudizio, dettagliata nel raccontare  ogni singola azione  in capo ad ogni operatore anche in concorso con i colleghi e ai danni di ragazzi indifesi che le famiglie credevano in ambiente sicuro e protetto.

I genitori si dichiarano fiduciosi nella magistratura che sta svolgendo un lavoro egregio e attendono con ansia la prima udienza perché sentono come un dovere morale quello di chiedere giustizia prima per i loro cari.  

15/10/2014





        
  



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