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Barzin tra la nebbia e il sole

San Benedetto del Tronto | Barzin "To live alone in that long summer"

di

Barzin

"To live alone in that long summer"

Quattro dischi in quindici anni danno già il segno della discrezione per uno spaesato ragazzo della provincia del Khuzestan, (Iran) che si è ritrovato nelle terre aspre e vaste del lontano Canada. Barzin Hosseini ha un nome che rimanda agli aquiloni pashtun di Kabul, non lontanissimi dalle sue origini. E con quei sorrisi di carta coloratissima che vagano nel cielo sopra gli occhi felici dei bambini, Barzin compone canzoni malinconiche che si perdono negli spazi delle grandi terre e dei grandi laghi.

Sarebbero tutte canzoni in una stanza le sue, come recita il suo disco del 2006 rimandando al più eccelso figlio musicale del paese che lo ospita, quel Leonard Cohen (in "Stealing beauty" la presenza dell'autore di "Suzanne" è molto forte) che ha fatto della riservatezza il suo valore vitale, se la natura non entrasse così forte nella sua vita e nelle sue emozioni. Dischi brevi i suoi che non vanno molto oltre la mezz'ora di ascolto ma che sono intensi di intimità da diario quotidiano a partire dai foschi colori di un mattino di nebbia che avvolge la città e il suo skyline inquadrato dalla sua stanza sul lago fino alle luci al neon che regalano un calore freddo verso sera. C'è un fil rouge che lega la voce di Barzin con quelle di Mark Kozelek, Mark Eitzel, Scott Walker ed è la solitudine che invade la vita persino in un giorno d'estate di un paese assetato di calore.

Barzin ha bisogno di pochi strumenti per la sua voce. Una slide guitar, un colpo di tamburo, un basso discreto e una tastiera leggera e qualche ottone sparso qua e là che si fa alterego di un canto tenue e sussurrato. Rispetto al precedente e bellissimo "Notes to an absent lover" in "To live alone in that long summer" (titolo rubato ad un verso dell'israeliano Yehuda Amichai) c'è una strumentazione più dettagliata e ricca che non inficia però la linearità delle sue composizioni e la loro immediatezza. Prendono subito il cuore queste note di luce leggera che trafiggono e squarciano il grigio e la penombra come in un adagio mozartiano. C'è meno depressività rispetto al passato e più leggerezza ma è sempre il cuore il bersaglio di ogni canzone. Ed è difficile scovarne solo una tra le nove di tutto il lavoro che non accalappi l'ascoltatore più distratto per la sua sensibilità e delicatezza, per il suo intimismo e il suo profumo. Queste canzoni urbane sono piccole strade che cercano la giusta via per uscire dalla stessa città. Lasciano la nebbia in cerca di sole.
"Io che attraverso la strada / solo nei punti consentiti dalla legge, / sono stato invitato all'improvviso / fra le rose". (Yehuda Amichai, "Strada" )

Voto 8/10

http://www.youtube.com/watch?v=-xnv6pY_zoY

09/03/2014





        
  



3+2=

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