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Intervista al diacono Antonio Barra

San Benedetto del Tronto | L'intervista tratta di “Vangeli canonici e vangeli apocrifi” su cui si terrà una relazione il 25 aprile presso il centro pastorale della diocesi in via pizzi 25 a San Benedetto è aperto a tutti.

di Stefania Mezzina

(Foto D'Archivio)

Perché parlare dei vangeli canonici e apocrifi? In questi ultimi anni si sono moltiplicati testi critici nei confronti delle basi storiche del cristianesimo, ci riferiamo al romanzo thriller Il Codice da Vinci, ai documentari trasmessi in tutto il mondo, in continuazione, da Sky sui vangeli apocrifi, sul cristianesimo delle origini, alla pubblicazione del Vangelo apocrifo di Giuda, al recente saggio di C. Augias e M. Pesce dal titolo Inchiesta su Gesù, in testa alle classifiche italiane nel settore della saggistica ( nulla a che vedere con ‘Ipotesi  su Gesù' di Messori ).

C'è un denominatore comune che associa tutti questi presuntuosi divulgatori: l'incapacità di discernere l'attendibilità delle fonti. A questo  attacco alla storicità del cristianesimo, non abbiamo niente da temere dalla storia, anzi, più approfondiremo e studieremo i testi antichi e più rafforzeremo le radici storiche e culturali del nostro essere  cristiani..

Come imposterà il suo intervento? Nella esposizione di questa sera abbiamo creduto opportuno affrontare la questione delle fonti storiche e dei criteri della definizione del canone ovvero dei criteri con cui sono stati selezionati i testi sacri in particolare i Vangeli canonici. Prenderemo in considerazione anche i criteri scientifici, condivisibili da qualsiasi ricercatore onesto. Si tratta di criteri laici in quanto non dipendenti da pregiudizi ideologici, cioè dalla fede, sia essa religiosa, agnostica o atea. Non ci addentreremo nelle questioni filologiche sulla redazione originaria, sull'interdipendenza tra i sinottici, o sulla fonte Q e così via.

 

Quale è la prima cosa che può emergere dalla analisi storica? La prima cosa che emerge dalla analisi storica è che il  tempo della formazione degli scritti neotestamentari decorre dall'anno 51 circa al 100 dopo Cristo. Il che significa che tra la morte di Cristo, avvenuta presumibilmente nell'anno 30, e il primo scritto, la lettera ai Tessalonicesi, intercorre uno spazio di tempo di venti anni. Il primo Vangelo scritto, quello di Marco, si fa risalire verso il 70, gli altri tre sono posteriori, anzi quello di Giovanni viene trasportato all'anno 90. L'ultimo scritto, l'Apocalisse, è datato all'anno 95-96.

Ma le scoperte di Qumram e Nag Hammadi cosa hanno portato? Le recenti scoperte papirologiche hanno imposto una retrodatazione dei testi, che costituisce una maggiore garanzia di autenticità. Sono stati scoperti infatti alcuni manoscritti antichissimi, che impongono una redazione scritta risalente ancora all'epoca apostolica.

A Qumram è stato scoperto il frammento 7 Q 5 , la cui autenticità è tuttavia contestata, dal momento che consta di sole 18 lettere alfabetiche disposte su cinque righe. Si tratta di un frammento scritto in stile ornato erodiano, risalente al 50/60 dopo Cristo. Contiene alcuni versetti del Vangelo di Marco (6,52-53). La decifrazione, (ottenuta grazie a programmi di software che hanno analizzato tutta la letteratura greca individuando come unico passo compatibile quello sopra citato del vangelo di Marco), costringerebbe a retrodatare tutti i vangeli sinottici, cancellando intere biblioteche ottocentesche e del primo Novecento.

Per valutare i Vangeli canonici di quanto materiale disponiamo? Quando lo storico prende visione invece dei codici del Nuovo Testamento rimane quasi sommerso dalla quantità e qualità dei testi a disposizione: abbiamo circa 5.300 codici! Si tratta di un numero straordinario per un documento storico. Spesso questi codici sono antichissimi e quindi riducono la possibilità di interpolazioni ed aggiunte.

Ma oltre a tanta quantità l'antichità è cosa  significativa? Oltre alla quantità è la qualità dei codici, cioè la loro antichità, è importantissima. Qualità che è definibile  attraverso criteri di tipo filologico, archeologico, comparativo, ecc. E' chiaro che i codici sono tanto più preziosi per uno storico, quanto più sono antichi, in quanto più vicini all'età di composizione dello scritto originale.

Fra questi codici ne ricordiamo alcuni: il Codice Chester Beatty II, (P 46) (Dublino): consta di 86 fogli, contiene 7 lettere di S. Paolo. Risale a 10/20 anni dalla stesura dell'originale, in base a criteri paleografici; quindi risale circa al 70 d. C.  Papiro Rylands (P 52), (J. Rylands Library, Manchester) a 30-40 anni di distanza dall'originale. Contiene poche righe del Vangelo di. Giovanni. Fu scoperto nel 1920 in Egitto. Secondo alcuni storici sarebbe questo il più antico testimone del NT.  Ma poi bisogna anche considerare i principali codici su pergamena: Codice Vaticano (B 03) (Roma, Biblioteca Vaticana ;  Codice Sinaitico, (a1) (Londra, British Library);  CodiceBezaeCantabrigiensis,  ect.


E cosa emerge dal confronto con i vangeli apocrifi?
I Vangeli apocrifi hanno solamente pochissimi codici, in alcuni casi solo dei frammenti che rendono difficile l'interpretazione del testo.  Prendiamo in considerazione alcuni dei più antichi e più conosciuti:  

Il Vangelo dello pseudo-Tommaso ha solo cinque codici. E' uno dei più antichi tra gli apocrifi, scritto probabilmente nei primi decenni del secondo secolo.  Il Vangelo copto di Tommaso, con i 120 loghia di Gesù, si basa su un solo codice, scoperto a Kenoboskion in Egitto nel 1945 e risalente al IV secolo d.;  Il Vangelo apocrifo di Maria fu composto alla fine del 200.  Il Vangelo di Filippo, trovato a Nag Hammadi in Egitto ha un solo codice. Il Vangelo di Pietro, che descrive in termini iperbolici la risurrezione, ha un unico frammento, scoperto ad Akhmin, nell'Alto Egitto, nel 1886, riprende versetti dai quattro vangeli

Perché vennero scelti i quattro vangeli chiamati canonici e vennero invece esclusi tutti gli altri? Riferendoci ai criteri degli storici  che chiamiamo criteri laici, universalmente validi e riconosciuti dagli studiosi di qualsiasi fede o cultura, scopriremo così che gli storici giungono esattamente alle stesse conclusioni cui era giunta la Chiesa antica per selezionare i vangeli del canone biblico. Questi sono A) L'antichità della fonte storica. B) La fonte deve, possibilmente, dipendere da testimoni diretti, infatti la testimonianza oculare e diretta è essenziale. C) Il criterio di molteplice attestazione. D) Il criterio di contestualità.

Alla fine di questo percorso con il quale siamo stati invitati a interessarci della storicità dei Vangeli canonici ci siamo resi conto che, fra questi e quelli apocrifi, esiste un abisso per quanto riguarda la sobrietà storica. Sicuramente ne usciamo con un rinnovato consapevole  sentimento di quell'amore e di quella speranza che Cristo ci ha affidato come il tesoro più grande.

I vangeli apocrifi gnostici che non dovrebbero neppure chiamarsi vangeli, in quanto non appartengono a questo genere letterario, in realtà sono da considerare dei trattati filosofici e alcuni si rivelano piuttosto lezioni iniziatiche sulla gnosi, con teorie sull'origine del mondo, sulla malvagità della materia, sulla scintilla divina che vive nelle anime degli eletti, sulla separazione tra uomini carnali, destinati alla dannazione, e uomini psichici e spirituali ... insomma ci troviamo di fronte a contenuti totalmente estranei alla cultura ebraica e senza riferimento alle vicende terrene di Gesù. Nessuno studioso può considerare attendibili questi testi per conoscere il Gesù storico, piuttosto si possono considerare interessanti per conoscere la gnosi del secondo e terzo secolo dopo Cristo.

 

                                                                                             

 

26/04/2011





        
  



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