Tutti i problemi e le colpe della sanità marchigiana
Fermo | In un convegno organizzato da Forza Italia, tante voci per discutere responsabilità e prospettive della sanità reigonale
di Pierpaolo Pierleoni
I problemi della sanità marchigiana, le colpe del passato, gli errori, le possibili prospettive, discussi con alcuni esperti del settore.
Il convegno organizzato da Forza Italia all’Hotel Royal di Lido di Fermo, nonostante alcune defezioni dell’ultim’ora, come quella dell’Onorevole Fabio Minoli, della Commissione parlamentare della sanità, e della giornalista Paola D’Amico in qualità di moderatrice, è stato comunque ricco di spunti di riflessione.
Tre le problematiche centrali elencate in apertura dall’altro moderatore, Olivio Galeazzi: la carenza di alta specializzazione, la forte mobilità passiva (in termini semplici, la frequenza di spostamenti fuori regione per gli interventi e le cure), e lo squilibrio tra domanda ed offerta, che porta, come conseguenza più evidente, alle interminabili liste d’attesa.
Un saluto iniziale è stato formulato dal sindaco di Fermo Saturnino Di Ruscio, che ha concentrato l’attenzione sui problemi a lui più a cuore, quelli della sanità nel fermano. “I problemi del nostro territorio sono agli occhi di tutti, mi fa piacere che finalmente anche l’assessore regionale alla sanità abbia ammesso in pubblico alcune criticità. In tre anni nel fermano abbiamo perso 150 unità lavorative, 50 milioni di euro l’anno si perdono per la mobilità passiva. E’ una situazione davvero difficile. La costituzione dell’azienda unica regionale poi, l’Asur, che io chiamo il grande mostro, di certo ha peggiorato le cose".
Di seguito, è toccato a Remigio Ceroni, coordinatore regionale di Forza Italia ed organizzatore dell’evento, che nella sua relazione ha elencato le cifre economiche del dissesto regionale.
“Con la devolution, che sta per essere approvata in via definitiva, non potrà più essere il governo nazionale ad elargire alle regioni cifre per coprire il deficit. Le Marche nelle scorse legislature hanno accumulato un passivo enorme, che è andato a pesare nelle tasche di cittadini e imprese, con la tassazione aggiuntiva su Irpef ed Irap. Siamo l’unica regione in cui l’85% dei finanziamenti va alla sanità, una percentuale altissima, e più della metà di questi fondi vanno alle unità ospedaliere, anche in questo caso un primato rispetto alle altre regioni. Se non razionalizziamo i costi, rischiamo il collasso, perché lo Stato non potrà più coprire il dissesto, e la tassazione, essendo già al massimo, non potrà essere aumentata ulteriormente. I politici al governo regionale hanno scaricato le colpe sui direttori generali delle aziende sanitarie. E in parte avevano ragione, perché non erano stati scelti in base alla competenza, ma per tessera di partito".
Sulle necessità future, Ceroni parla di call center unici per le prestazioni sanitarie, in modo da alleggerire i tempi d’attesa, di prevenzione, necessaria specie per gli infortuni sul lavoro al fine di evitare spese, e di necessità d’informazione per contrastare l’eccessivo uso di farmaci. Dopo Ceroni, ed un breve saluto dell’Onorevole Zama, il dibattito è entrato nella parte più tecnica, con le relazioni e le analisi di alcuni operatori della sanità. Particolarmente apprezzato in particolare il direttore generale dell’assessorato alla sanità in Lombardia Carlo Lucchina, che attraverso grafici, dati numerici, confronti con altre regioni, ha portato l’esempio dell’unica regione italiana insieme alla Puglia a vantare un bilancio in pari, e sottolineato i possibili vantaggi nella competitività tra settore sanitario pubblico e privato.
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22/10/2005
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