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Cronaca di una sconfitta annunciata

San Benedetto del Tronto | Nel voto regionale ci sono stati due milioni di consensi in piu’ all’Unione (di cui 750 mila in Lombardia) persi dalla destra

di Tonino Armata

 


Da martedì 5 aprile 2005 l’Unione è reale maggioranza nel Paese. Un miracolo alla rovescia del berlusconismo. Bisogna riscrivere la storia, assegnare le nuove parti. Il Cavaliere era la chiave di tutte le vittorie della destra, il leader anzi il padrone incontrastato. L’unto del Signore. Prodi? Uno “bollito”, con troppe pretese, contestato nel suo stesso schieramento, osteggio dei partiti. Da martedì 5 aprile i ruoli si sono capovolti. Il Cavaliere è il perdente, processato dagli alleati, costretto a scendere a patti con l’ultimo vassallo se vuole conservare la poltrona. Prodi è il leader vincente, il gran federatore, quello che ha avuto le intuizioni giuste e ora può chiedere e ottenere di tutto.

L’Italia azzurra non c’è più. Quella “Fantasyland” felice e spensierata del 2001, dove un “partito personale” dominava in 81 province su 100, s’è dissolta. Quell’appendice di Milano 2, riprodotta su scala nazionale della Casa delle libertà, esiste ormai solo nella mente del suo inventore. Il Cavaliere ha perso anche queste elezioni regionali. Si partiva da 8 a 6 per il centrodestra. Dopo questa tornata elettorale di 41 milioni d’italiani, è finita 11 a 2 per l’Unione. Si frantuma la geografia politica immaginata dal premier. Prodi consolida la sua leadership, la lista unitaria prende corpo.

Epperò: c’era più di un segno. Dentro la politica, ma anche fuori, intorno, sopra, sotto, insomma dappertutto. Il rifiuto di Barbara la figlia del Cavaliere a scendere in campo con il papà, ad esempio, e il tono di Anna La Rosa che a Tele Camere si è permessa di chiedere al presidente del Consiglio perché ce l’aveva sempre con i comunisti. Il flop d’audience berlusconiana a Porta a porta. E il fallimento acclarato della portavoce Gardini.

Lo slittamento al 2006 del nuovo movimento giovanile, addirittura le incertezze a dargli un nome: “Forza Silvio”, no meglio “Forza ragazzi”, macché, chiamiamolo “Onda azzurra”, ma quale onda, c’è appena stato lo tsunami, e pazienza vada per “Onda azzurra, ci pensa Scelli. Poi il rinvio, per mancanza di soldi, del quotidiano berlusconiano “L’Italia in cammino”. E la chiusura di quell’altro quotidiano, “Fatti nuovi”, impiantato in Sicilia da ex manager di Publitalia amici di Dell’Utri. Quest’ultimo abbandonato da Rivolta, stanco di portagli in giro l’apologia di Socrate. Frammenti di una sconfitta annunciata.

Il vittimismo di Bondi il quale protesta perché gli hanno nascosto la smentita. La guerra dei cassetti e degli scatoloni, fatti e disfatti, chiusi e riaperti, comunque in perenne movimento, a via dell’umiltà. Le disfunzioni organizzative, le rabbie neppure dissimulate davanti ai giornalisti: “Pensi, esplode Tremonti, che si erano perfino dimenticati di avvisarmi della conferenza stampa, ‘sti cani”. Là dove i “cani” sarebbero forse gli impiegati di Forza italia. Da sempre paradossi e rovesciamenti segnalano cambio di vento. Il Consiglio nazionale che doveva “offuscare” il congresso Ds, e che al contrario è rimasto offuscato dal suo stesso caos organizzativo: ampi vuoti in platea, il Cavaliere furente, la presidenza che vorrebbe prendere i nomi degli assenti ingiustificati, Biondi che dice no, quali nomi, io non faccio mica il preside.

La sorda resistenza dei governatori come erosione del carisma del Cavaliere, ma anche come nemesi di verticismo. E quella domanda comparsa a sorpresa sul sito di Forza italia: “Perché dopo la riduzione delle tasse il mio stipendio è sceso da 1010 a 998 euro?”. Segue la frase: “Non vi voto più”.

Era altamente sospetto lo zelo con cui il Cavaliere negli ultimi mesi si era messo a raccogliere gli insulti che gli rivolgevano gli avversari. Li contava, li classificava, ci ha fatto fare pure un libro, per giunta della Mondadori. Poi però si è scoperto che un certo “Mostro bavoso” non era rivolto a lui, ma era un suo seguace che così si era rivolto a Prodi. Altrettanto sospetto che il Premier, stavolta, non fosse impegnato, salvo ripensarci quando era troppo tardi. E comunque: la ricrescita sì, ma la faccia sui manifesti no. Niente paura: i sondaggi andavano benissimo. Siamo tre punti sopra l’Unione. Roba da farsi ridare i soldi indietro dai sondaggisti “di fiducia”.

Dopo la batosta delle elezioni regionali, c’è qualcosa d’impaurito e insieme di pauroso nella prima reazione del Cavaliere (lui è il Paese legale, la sinistra è il Paese parallelo e illegale) ad una sconfitta elettorale che gli toglie la maggioranza in Italia, punisce il suo partito e segna l’inizio della fine della sua leadership. Il premier che dovrebbe reggere lo Stato, governandolo, definisce l’opposizione come l’anti-Stato, l’imprenditore piduista giudica “occulto” il mondo della sinistra, il venditore di sogni sostiene che i poteri forti congiurano contro la Repubblica.

Siamo davanti ad una deriva paranoide che imbarazza gli alleati e sconcerta i cittadini, perché ha perso ogni legame con la realtà. Ma segnala pubblicamente l’inizio di una fase drammatica, esistenziale prima che politica. La sconfitta, infatti, rovescia nel dramma il titanismo del Cavaliere, in una stagione da “muoia Sansone con tutti i filistei” che durerà fino alle elezioni nazionali ed è cominciata proprio martedì cinque aprile sera a Ballarò. Con il berlusconismo che va a morire in televisione, là dove è nato undici anni fa.

17/04/2005





        
  



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