L'ultimo saluto a Nazareno Bruglia
San Benedetto del Tronto | La cerimonia funebre si è svolta oggi pomeriggio (giovedì 30 ottobre) nella chiesa di Sant'Antonio.
di Giovanni Desideri
Alla destra dell'altare il saluto degli amici era affidato ad uno striscione: "Ciao Nazareno". Accanto il suo ritratto, una foto ingrandita. Al centro dell'altare il gagliardetto della Sambenedettese, sua squadra del cuore. Sulla bara fiori bianchi.
Oggi pomeriggio, giovedì 30 ottobre, la chiesa di Sant'Antonio si presentava così durante il funerale di Nazareno Bruglia, il ragazzo che sabato 25 si è gettato sotto un treno alla stazione di Pesaro.
La cerimonia è stata officiata dal parroco, padre Giancarlo Corsini, e concelebrata da padre Gabriele Di Nicolò, parroco della parrocchia di San Giuseppe (di cui fa parte la chiesa dei Sacramentini che Nazareno frequentava con molta assiduità), e da don Roberto Melone.
La chiesa era stipatissima, di moltissimi ragazzi e moltissimi adulti, genitori e figli: i parenti, gli amici, gli insegnanti del liceo, tanti colleghi di Francesco, padre di Nazareno, avvocati di Ascoli e San Benedetto. Ma c'erano anche moltissimi cittadini venuti a salutare un ragazzo di ventuno anni sul quale non è possibile fare retorica: perché le qualità che si presuppongono dicendo "bravo ragazzo" le possedeva davvero.
Così, prima dell'inizio della cerimonia, Nazareno è stato ricordato da Ventidio Sciocchetti, il suo insegnante di religione durante i cinque anni del Liceo Classico, con il quale condivideva l'esperienza del volontariato e una profonda religiosità. Così, dopo l'omelia di padre Giancarlo, un amico ha letto un messaggio, anche a nome delle decine e decine di amici che affollavano la chiesa fino alla strada.
E forse è stata questa la tinta più tenue di un giorno mestissimo: la presenza dei coetanei di Nazareno, gli amici di sempre, le loro facce giovanissime e il loro modo di vestire, forse l'unico modo per assicurare l'unica forma di permanenza. Come la famiglia, come l'intera città, anche loro, gli amici, non sanno trovare ancora oggi nessuna spiegazione all'accaduto. Non si è trattato di una delusione d'amore. Ma poi nessun motivo basterebbe a convincere che fosse diventata intollerabile la vita a vent'anni.
Nello studio e nello sport "Zarinho" (come lo chiamavano) riusciva con uguale facilità, dai tempi del liceo e della Folgore o della Riviera Samb, le squadre in cui aveva militato. Anche all'università, terzo anno di giurisprudenza ad Urbino, non aveva problemi. Aveva smesso di giocare a pallone in una squadra, ma seguiva la Sambenedettese allo stadio.
L'emozione di tutti si è levata nell'applauso commosso che ha accompagnato la bara al termine della messa, portata dagli amici fuori dalla chiesa.
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30/10/2003
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Betto Liberati