Antropologia del Tottismo
Roma | Cosa ha reso l'addio di Totti un fenomeno di tale portata
Totti
Non serve ricordarlo, tutto intorno a noi non ha fatto altro che ripetercelo, ma domenica 28 Maggio è stata l'ultima presenza di Francesco Totti con la maglia della Roma.
È stato un evento di una portata indescrivibile che ha catalizzato tutta l'attenzione mediatica internazionale su Roma, tornata per qualche ora al centro del mondo.
Sugli spalti e davanti le televisioni i tifosi della Roma e non, gli appassionati di calcio e persino chi lo segue sporadicamente non hanno potuto fare a meno di piangere, commossi per il saluto del capitano giallorosso.
Totti è stato innegabilmente un fenomeno, uno dei migliori calciatori di sempre, ma non il migliore.
Eppure l'abbraccio popolare che l'ha accompagnato fuori dal campo per l'ultima volta è stato un qualcosa di mai visto prima, una città che si è fermata per rendere omaggio ad un calciatore.
Scorrendo la bacheca Facebook in questi giorni sono stato sommerso di post sul ritiro del capitano romanista, quasi uno ogni due.
Ciò che mi ha colpito non è la mole di articoli, frasi, pensieri o ricordi dedicati al giocatore, quello che mi ha sorpreso è la ripetitività dei contenuti, soprattutto degli incipit di gran parte di questi.
Tutti questi articoli e frasi e racconti e pensieri sparsi non parlano di Totti, non nella maniera in cui ci aspetteremmo.
Totti è un sottofondo musicale, incantevole e non troppo invasivo, rimane nel suo spazio senza manie di protagonismo perché il vero protagonista è il passato di ognuno di noi.
La sua magia, come quella di ogni eroe del nel nostro immaginario è di non averci abbandonato nel tempo; era lì nei momenti più importanti, una presenza costante o forse solo un punto fermo.
Era come avere almeno una certezza settimana dopo settimana, il tempo passa e le cose cambiano, la giovinezza fugge ma Totti domenica sarà in campo con la maglia giallorossa.
Era come detto un sottofondo musicale, la soundtrack della nostra vita, ma che genere?
Non Pop, troppo passeggero, scontato.
Non Metal, troppo invasivo.
Neanche Jazz, troppo di nicchia per un eroe popolare.
Francesco è stato un bellissimo pezzo rock durato 25 anni, intervallato da acuti in cui strimpellava il pallone cosicché ogni suo tacco, cucchiaio o punizione potesse essere associato ad un determinato momento nella vita di ognuno.
E per una volta si può abbandonare la rigida razionalità che ci impone di rimanere freddi di fronte ad un calciatore milionario che lascia il calcio; facendoci prendere dai sentimenti per salutare sì un campione dello sport, ma soprattutto un pezzo di vita di ognuno che senza accorgercene ci ha già lasciati.
Da lunedì si è voltata pagina, da lunedì si cerca un altro punto fermo.
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30/05/2017
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