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Il presepe: un rito che si è appena concluso

San Benedetto del Tronto | Uno dei simboli principali di questi giorni di festa appena trascorsi è stato sicuramente il presepe, emblema sia della nostra tradizione religiosa sia di quella culturale.

di Elvira Apone

un tipico presepe napoletano

 

Sono appena finite le festività natalizie che, nell’arco di circa quindici giorni, ci hanno accompagnato da Natale all’Epifania, dando il benvenuto al nuovo anno. E uno dei simboli principali di questi giorni di festa è stato sicuramente il presepe, emblema sia della nostra tradizione religiosa sia di quella culturale. Il presepe, infatti, appartiene alla nostra storia e alla nostra civiltà e, negli anni, si è addirittura trasformato in una sorta di opera d’arte, frutto della creatività e dell’abilità non solo di esperti maestri, ma anche di tutti quelli che hanno voluto rievocare, tra le proprie mura domestiche, la Natività di Gesù.

La realizzazione del primo presepe, il cui termine sembra derivare dalla parola latina praesaepe, cioè mangiatoia, oppure dai due vocaboli prae, davanti, ed esaepes, recinto, a indicare il luogo con davanti un recinto, entro il quale venivano custoditi gli animali, è attribuita a San Francesco di Assisi che, dopo essere ritornato da Betlemme, riprodusse l’episodio della nascita di Cristo nel 1223 a Greccio, in un luogo che trovò molto simile alla città palestinese che aveva appena visitato. Fu, quindi, dietro l’impulso di San Francesco che il presepe, che fino ad allora era rimasto una raffigurazione prettamente artistica, si trasformò in un evento di carattere popolare, diventando un’usanza sempre più diffusa, prima soprattutto nelle chiese, e poi pian piano anche nelle case private. In particolare durante il Settecento, con lo sviluppo della grande tradizione del presepe napoletano, il rito del presepe cominciò a radicarsi sempre di più in tutte le regioni italiane, compresa la nostra, in cui, sotto l’influsso dello stato pontificio, si andava comunque già perpetuando. E, sebbene fino all’Ottocento il presepe rimase prerogativa principale delle case dei nobili, che, soprattutto a Napoli, facevano a gara tra loro su chi possedeva quello più bello e sfarzoso, all’inizio del secolo scorso, però, il presepe entrò anche nelle abitazioni dei borghesi e del popolo, divenendo, così, per tutte le famiglie italiane, un punto di riferimento importante del Natale, nonché un momento di aggregazione per tutti i membri della famiglia che, in qualche modo, contribuivano alla sua realizzazione. Oggi, anche grazie a sempre più sofisticate tecnologie, il presepe ha subito una notevole evoluzione, trasformandosi in una vera e propria opera d’arte sempre più complessa e completa, in grado di attrarre e di stupire e, là dove destinato al pubblico, di richiamare numerosi visitatori.

È a questo proposito che vorrei spendere alcune parole per encomiare il meraviglioso presepe allestito presso la Cattedrale della Marina di San Benedetto del Tronto. Si tratta di un presepe che, racchiudendo tutti i momenti principali che anticipano e accompagnano la nascita di Gesù (dall’Annunciazione a Maria al censimento fino alla fuga in Egitto, alla ricerca di un alloggio per la notte e alla visita dei pastori), riproduce con estrema autenticità e naturalezza l’habitat naturale e umano in cui ha luogo il sacro evento. Oltre all’alternarsi del giorno e della notte, allo scorrere di ruscelli alimentati dal sapiente utilizzo di piccole pompe elettriche, alla presenza di spettacolari figure dotate di movimenti meccanici che le animano dando, così, vita allo splendido scenario in cui sono collocate (la lavandaia che sciacqua i panni nel fiume, il fabbro che lavora il ferro arroventato, il dromedario che fa girare la macina, la pecorella che si abbevera, e così via), ciò che più colpisce di questa ricostruzione è proprio la fedeltà al presunto ambiente originale. Le abitazioni che lo caratterizzano, per esempio, hanno l’aspetto tipico di quelle del Medio Oriente, la vegetazione, costituita principalmente da palme, richiama sicuramente quella della Palestina, senza dimenticare alcuni animali originari della zona, come, appunto, cammelli e dromedari, generalmente utilizzati per il lavoro nei campi e per il trasporto di persone. Piccole luci, poste sotto alla struttura, illuminano diversi punti del paesaggio, richiamando, con estrema precisione, l’idea di fuochi accesi nella notte, e altrettanto verosimile mi è parsa la rievocazione dell’evento cardine del presepe, cioè la nascita di Cristo, in cui, a differenza di molti altri presepi che ho visitato, la Vergine Maria è distesa a terra con a fianco una coperta su cui è adagiato il Bambino Gesù, ricostruzione di forte impatto emotivo e di grande realisticità.

In ogni caso, la visione di ogni presepe riesce, sempre e comunque, a emozionarmi e a commuovermi, e a trasmettermi quella sensazione di pace e di serenità, che, per il nuovo anno che è appena iniziato, desidero augurare vivamente a tutti i nostri lettori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

06/01/2016





        
  



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