L'inesauribile potenza creatrice della parola è oggi sempre più ignorata, oscurata dal predominio delle immagini e da un livellamento del linguaggio sopra abissi ormai poco esplorati.
In questa ormai irreversibile "crisi della parola" la poesia vive e continua ad aprire i sentieri di tale esplorazione, ricercando la "novità" non attraverso febbrili cambi di scenari e di immagini ma sondando la realtà e la memoria, in un' "immersione delle mani a conca nel reale" (Davide Rondoni). Poesia come riscatto e nobilitazione della "ferialità": è questo il fil rouge che lega i poeti contemporanei trattati ne "Il segno della parola" di Rossella Frollà, nota voce della critica letteraria.

Nella misura in cui l'uomo brama una ricerca di senso, di sogno, di rigenerazione, di comunione con il cosmo e con il prossimo la poesia diventa una necessità, un antidoto all'"anestetizzazione"contemporanea.
Umberto Piersanti, Franco Loi, Davide Rondoni, Milo De Angelis, pur nella diversità degli stili e degli approcci esistenziali, condividono un'avida passione per la realtà, sia essa cosmica o interiore, che, come l'oggetto d'amore, viene indagata, sublimata, abbracciata. La parola si pone di fronte ad essa con la stessa sacralità riservata all'amata: senza snaturarla, ma esaltandone i contorni e facendone brillare l'essenza. Poeti, quindi, "cacciatori di realtà" ma al tempo stesso sognatori e mistici.
Essi ci conducono per mano attraverso città, giostre, vicoli, sentieri, boschi, odori del presente e del ricordo, in un viaggio in cui la sensorialità dei singoli elementi diviene il viatico all'universale: le montagne "zitte" che ascoltano qualcosa che noi non sentiamo (Claudio Damiani), il "tiglio nella luce" che sente il vento portargli via le foglie (Umberto Piersanti). La poesia diviene quindi la mano tesa ad afferrare l'insondabile, la fessura tra luce ed ombra, tra caducità ed immortalità.

In ogni autore dell'opera c'è uno spogliarsi da ogni velleità artistica e da ogni gelida autoreferenzialità, lasciando così la sovranità alla parola come primo strumento di comunione e di "esodo all'altro", nell'intento di raggiungere l'anima dell'uomo contemporaneo. In tal senso, la poesia si configura come autentico atto d'amore, principio a sua volta ineludibile di qualsiasi atto creativo.
La sintesi tra il potere decodificante e quello performante della parola, tra il particolare e l'immanente, è l'approdo ricercato da tutti i poeti de "Il segno". È in questi punti di fusione che le loro opere prendono forma, ora in uno stile più aderente al contingente, come nelle poesie dialettali di Franco Loi, ora nelle metamorfosi dell'Io e della natura di fronte al non-senso e alla morte (Fabio Doplicher).

L'autrice ci propone un'ariosa rivisitazione degli autori in una chiave libera e non-accademica, sdoganando la loro poesia dalle singole scuole e poetiche e ponendo il focus sul processo creativo e sugli aspetti eminentemente lirici e comunicativi. Un approccio che fa di questo testo uno strumento prezioso per conoscere o ripercorrere le più grandi voci contemporanee al lume della parola, esaltando il valore essenziale della poesia come cassa di risonanza dell'anima, laddove, per citare Franco Loi, "in ogni individuo c'è tutto un universo".