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Tra le note del pianoforte di Keith Jarrett e il contrabbasso di Charlie Haden

San Benedetto del Tronto | Keith Jarrett Charlie Haden "Last dance"

di

Keith Jarreth Charlie Haden

"Last dance"

Il primo incontro artistico tra i due monumenti del jazz moderno, il pianista Keith Jarrett e il contrabbassista Charlie Haden, avvenne a metà degli anni Settanta quando i due suonavano nell'American Quartet. Da allora le loro strade si sono divise per ricongiungersi solo nel 2010 nel primi lavoro in due, quel "Jasmine" nato durate le riprese di un documentario che celebrava l'arte di Haden, oggi 77enne. Con un repertorio di soli standards la coppia ha rielaborato con un'invenzione sonora nata dalla riflessione e dallo studio, dall'improvvisazione e dalla magia interpretativa otto temi musicali che hanno lasciato un segno indelebile.

Keith Jarrett non è certo insensibile nel lavoro su temi che hanno fatto la storia del jazz e oggi, con "Last dance" invita nuovamente Charlie Haden a riprendere altre canzoni per dare vita ad un discorso di eterna nostalgica passione sonora. I due artisti, sin dall'apertura della magnifica "My old flame" di Arthur Johnston, danno la perfetta idea della simbiosi e più che un dialogo tra pianoforte e contrabbasso sembra di affondare l'orecchio in un gioco di appassionate estensioni sonore. Sono uno l'anima dell'altro i due musicisti in gioco e respirano riflessi di luce, senza mai un abbaglio né un chiasso fuori posto. Tutto è intimità e galleggia sul mare della tranquillità come la fluttuazione di Jarrett ai tempi del glorioso "Köln Concert" del 1975. Tutto è notturno, tutto è sublime tra le pieghe di una tastiera appassionata che risponde ai respiri e alle vibrazioni delle corde. Da "My ship" di Kurt Weill alla lunghissima "It might as well be spring" di Richard Rodgers; da "Everything happens to me" di Matt Dennis a "Goodbye" di Gordon Jenkins (già eseguita e incisa quattro anni fa dai due, come pure "Where can i go without you" di Victor Young) passando per il Thelonius Monk di "'Round midnight" e il Cole Porter di "Everytime we say goodbye" (l'esecuzione è decisamente capitale e definitiva).

  "Last dance" è un continuo processo evolutivo che nasce dall'esperienza e dall'affiatamento di due mostri sacri del jazz che regalano agli ascoltatori settanta minuti di lirismo puro nato dall'enorme feeling dei due. La purezza del suono ECM compie ancora una volta il miracolo e non tradisce nessuna aspettativa. In questo lavoro la discrezione dei due sommi musicisti gioca tutta a favore dell'arte e della sua purezza essenziale e ci restituisce un Jarrett limpidissimo e senza ombre che possano sfiorare la noia. Ad eccezione di quelle leggere e calde che salgono dal contrabbasso di Charlie Haden e che stringono il cuore.

Voto 9,5/10

15/06/2014





        
  



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