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Sua Maestà Jack White dai Led Zeppelin a Johnny Cash

San Benedetto del Tronto | Jack White "Lazaretto"

di

Jack White

"Lazaretto"

Forte di un' immagine di copertina che lo celebra come un dandy nero e un piccolo imperatore il cui trono cimiteriale è fatto di freddi angeli di marmo Jack White, al secolo John Anthony Gillis, apre il suo "Lazaretto", secondo album da solista, con un tocco di evidenza zeppeliana senza avere nelle corde vocali le saette di Robert Plant ma lasciando uno spazio aperto nel cuore per la chitarra di Jimmy Page. Egli rimane ad ogni modo un vulcano di attività divisa tra White Stripes (ormai defunti da qualche mese), Raconteurs, Dead Weather, produzioni artistiche di prim'ordine, partecipazioni cinematografiche, direzione del suo celebre studio di registrazione, il Third Man di Nashville e ricerca esasperata di orizzonti e sia contemporanei che vintage, legati al suo strumento preferito, la chitarra.

Sempre nell'occhio del ciclone per le sue storie sentimentali con le prime della classe del gossip (Meg White, Renée Zellweger, Karen Elson) Jack White paga un continuo tributo ai Led Zeppelin senza mai sviscerare quel blues che è sempre stato alla base della grandezza dei "tipi del dirigibile" nonostante l'amore dichiarato per Willie McTell e Son House, i suoi maestri. Sulla soglia dei 40 anni il suo "Lazaretto" è ancora una volta un'opera da uomo e artista solitario che ha bisogno di inventarsi fantasmi per lottare con i suoi mulini a vento. Egli paga il tributo alla patria del country e al suo celebre studio di registrazione con l'omaggio di "Entitlement", per slide guitar e nostalgia cui fa eco il pianoforte e il duetto in controcanto di "Want and able" dopo "Temporary ground" in cui il violino dialoga con voci e chitarra e sa essere uno storyteller di pregio nella complessa ballata di buon effetto "I think i found the culprit" e anche in "Would you fight for my love?". Nel fondo del suo cuore e della sua attivita compositiva Jack White rimane però un rocker assassino, un pipistrello di una notte di pece, un alieno con le "vene blu connesse con ogni osso del corpo e con un cervello eternamente elettrico" come nel caso di "That black bat licorice" o nella vampiresca apertura di "Three women" ("ne ho avute tre, una rossa, una bionda e una mora").

Canzoni e racconti, storie del passato e ombre che hanno vagato da sempre nella testa di Jack White ("la maggior parte dei brani li ho scritti che non avevo ancora vent'anni") e che oggi vedono la luce per incrementare la sua massiccia dose di autorevolezza sempre in bilico tra the "man in black", Johnny Cash e le elucubrazioni chitarristiche della peggior garage band dei locali del pianeta.

Voto 7/10

09/06/2014





        
  



3+3=

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