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Tanti sguardi su un unico orizzonte: il mare di San Benedetto del Tronto

San Benedetto del Tronto | I marinai sambenedettesi, pare discendano proprio dai Liburni, popolazioni illiriche di cui sono stati trovati resti nell'area in cui sorgeva l’antica “Truentum”, la cui fondazione è a loro attribuita.

di Elvira Apone

Adolfo De Carolis, pittore e incisore di Montefiore dell'Aso, vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900, illustratore di opere di D'Annunzio e di Pascoli e autore di bozzetti, disegni e xilografie, descrisse così i marinai di San Benedetto del Tronto: "Le paranze di S. Benedetto ricordano le navi omeriche, non molto differenti per la grandezza, se pensiamo che dalla piccola Grecia ne salparono per la Troade più di mille e cento. I marinai del Tronto hanno fama di esperti ed audaci quasi fossero i discendenti dei fieri Liburni".

I marinai sambenedettesi, in effetti, pare discendano proprio dai Liburni, popolazioni illiriche di cui sono stati trovati resti nell'area in cui sorgeva l'antica "Truentum", la cui fondazione è a loro attribuita. Sembra, dunque, che la vocazione marinara di San Benedetto sia già geneticamente insita nelle sue origini, quando, cioè, gli antichi dalmati scelsero la foce del fiume Tronto quale naturale e definitivo approdo per la costruzione di una loro nuova città. E queste origini, per certi versi ancora misteriose, non sono solo avvolte dalla leggenda, ma hanno riscontro in diversi manufatti e resti archeologici, oggi raccolti nel museo della civiltà marinara e in quello delle anfore, recuperate proprio dai marinai sambenedettesi durante i loro viaggi nel Mediterraneo.

Il celebre compositore ungherese Franz Liszt, inoltre, scrisse questo in una lettera a proposito delle imbarcazioni sambenedettesi. "Stupende le barche da pesca che solcano il mare Adriatico, barche con vele dipinte con soggetti religiosi o con antichi emblemi". E pure Andrè Gide, scrittore francese in visita a San Benedetto, osservò: "Vorrei sapere se le barche degli altri porti dell'Adriatico hanno vele così belle, decorate, per coppie, con strane insegne, con figure multicolori arieggianti quelle di stemmi ... si dispiegavano splendide sul tappeto ceruleo del mare, rievocando i tempi delle crociate e tutto un passato glorioso". 

Le paranze erano delle imbarcazioni con cui i pescatori sambenedettesi esercitavano la pesca sul finire del XIX secolo, navigando in coppia con un equipaggio di massimo nove persone. Leggere nelle manovre, avevano una lunghezza media dai 14 ai 16 metri e un albero della stessa altezza, fornito di un'enorme vela latina, che veniva dipinta con un infuso di corteccia di pino e con il nero di seppia. I simboli rappresentati sulle vele, spesso religiosi, servivano per lo più a farle distinguere anche da lontano.

Tutta la famiglia sambenedettese ruotava intorno all'attività della pesca: mentre i mariti erano in mare, le mogli spesso si dedicavano, sulla soglia delle loro basse e umili abitazioni, alla fabbricazione delle reti da pesca intrecciando le funi realizzate dai "funai", generalmente bambini o anziani che, con questo lavoro, davano il loro piccolo supporto alla modesta economia familiare. L'antico borgo marinaro era costituito da "insulae", cioè file di casette addossate l'una all'altra, oggi ancora individuabili in quel reticolo di stradine disposte ad angolo retto che si estende tra viale Secondo Moretti e piazza Garibaldi, i cui antichi nomi erano inevitabilmente legati al mare: via dell'Ancoraggio, via dei Pescivendoli, via dei Cordai, via del Bagno etc.

La vendita di pesce, invece, avveniva prevalentemente sulla spiaggia, dove venivano tirate e secco le imbarcazioni, fino alla fine dell' ‘800, quando sorse un mercato ittico, inaugurato poi nel 1935. E proprio agli inizi del XX secolo, San Benedetto si trovò a vivere il progressivo sviluppo di due attività parallele: la pesca, di ormai antica tradizione, che però stava diventando sempre più qualificata soprattutto grazie al passaggio all'uso di motopescherecci, all'ampliamento delle rotte marinare e alla nascita del porto, e l'accoglienza turistica, con la costruzione dei primi alberghi, stabilimenti balneari, bagni termali e di eleganti villette in stile Liberty, che la nascente borghesia si faceva costruire sul lungomare. Così descrisse la spiaggia e il mare di San Benedetto nel secolo scorso lo scrittore francese Gabriel Faure in uno dei suoi libri di viaggio: " la strada ferrata corre lungo la spiaggia, in mezzo alle cabine ed ai bagnanti distesi sulla sabbia lucente. L'acqua è azzurra d'un azzurro intenso cha da riflessi metallici, il vento che soffia da sud-est è impregnato di profumi dell'antica terra di Grecia".

Anche il paesaggio, in effetti, proprio in quest' epoca, cominciava a cambiare volto: sorgevano oleandri e palme lungo la costa, alcuni quartieri dell'originario borgo marinaro scomparivano, molti pescatori intraprendevano altre attività, come quella di bagnino, di albergatore, di ristoratore, anche queste, comunque, tutte legate al mare e alla pesca, che aveva ormai già reso San Benedetto uno dei primi porti in Italia.
Il mare, dunque, è sempre stato un elemento essenziale non solo dell'economia e del paesaggio sambenedettese, ma anche del "modus vivendi" della sua popolazione, parte integrante del suo DNA.
Come ha detto, infatti, lo storico dell'arte Pietro Zampetti, proprio a proposito del mare di San Benedetto: "Il mare è dunque una componente fondamentale del paesaggio. Ma a San Benedetto esso è qualcosa di più: è movimento, fervore. La città... con i suoi viali pieni di palme e di agrumeti, vive solo per il mare. San Benedetto è la testimonianza della perseveranza di una gente che intende sopravvivere, lavorare, avere una propria identità e un possibile interesse".
Ed io mi sento di aggiungere che il mare è l'anima di San Benedetto, il suo mito, la sua passione, la sua nostalgia, il suo splendore e vorrei, quindi, concludere con le parole della poetessa sambenedettese Bice Piacentini, che ci ha lasciato bellissimi versi in vernacolo sambenedettese, per alcuni idioma incomprensibile, quasi barbaro, per altri lingua dolce, poetica e singolare:


"Sammenedètte, care bbille mì,
lu mare, tune jè lu ppiù lucènte,
lu cìle tùne jè lu ppiu ttrecchì!"

06/03/2014





        
  



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