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Il Messia mancato

| Cristanesimo e Sabbatianesimo nell'interpretazione del Professor Angelo Filipponi

di Angelo Filipponi

Ho cercato per anni di ricostruire la situazione ebraica della Pasqua del 36 d.C. e quella del settembre del 1666 per capire come un popolo di grande spiritualità possa essere rimasto, di fronte ad uno episodio di morte o di apostasia del proprio Messia.
Quale sentimento possa essersi provato, quale delusione dopo tanti anni, decenni, secoli di attesa, proprio quando si è giunti alla liberazione, alla redenzione!.
Solo grandi psichiatri e studiosi di fenomeni di suggestione di massa potrebbero capire l'ekplessis/popolare di fronte al fatto storico della fine del Messia: solo il termine greco nella sua vasta area lessicale e semantica può dare un'idea della costernazione, dello sbalordimento, dello stupore, del terrore e dello spavento, del vuoto psichico di fronte all'episodio di morte (o di apostasia) del Redentore, davanti alla peripeteia, di fronte allo spettacolo nuovo dell' oikonomia dìvina, imprevedibile, opposta alla logica umana, ad una catastrophe inattesa, ad una metabolé imprevista per un uomo, ad un rovesciamento totale di sorte.

Alla euforia ed all'immensa gioia della settimana delle Palme e della Pasqua del 32 cosa subentra dopo la coscienza della morte del Messia, crocifisso dai romani?
Sbalordimento, incredulità, totale smarrimento, crollo delle certezze, coscienza di abbandono del Padre, coscienza della Fine della storia!
Alla euforia della proclamazione di Natan di Gaza, nuovo Giovanni Battista che annuncia che é presente il Messia Tzevi Zabbatay nella primavera del 1665 e che dal sultano Mehmed IV avrà lo scettro di Israel, cosa subentra nel popolo alla notizia dell'apostasia del Messia, divenuto Aziz Mehmed Effendi? ...

Per Gershom Sholem (1897-1982) filosofo e teologo amico di Walter Benjamin, professore di misticismo all'università ebraica di Gerusalemme, studioso di storia ebraica, autore di numerosi libri (Le grandi correnti della mistica ebraica, le origini della Kabbalà, la kabbalah e il suo simbolismo, ecc.) si produsse una frattura fra quelle due scene del dramma della redenzione, quella mistica nell'anima e quella esterna rappresentata simbolicamente nella storia.

Sholem (Le grandi correnti della mistica ebraica, Einaudi, trad. Guido Russo, 1982. pp.312- 313) parla, dunque, di frattura, per cui l'esperienza interna e l'esterna, l'aspetto interno e l'esterno della redenzione improvvisamente e drammaticamente si divisero l'uno dall'altro.
Ed aggiunge questo conflitto - al quale nessuno era preparato e che nessuno mai aveva nemmeno sognato- colpì le più segrete profondità dell'anima.
Sholem quasi partecipa alla delusione cocente dell'apostasia come se fosse presente: Bisognava fare una scelta, ognuno doveva decidere se voleva intendere la parola divina nel verdetto della storia o in quella realtà già manifestatasi nel profondo della propria anima.


E conclude il suo pensiero: il sabbatianesimo sorse appunto quando vasti settori dell'ebraismo... si rifiutarono di optare in questo conflitto a favore della realtà storica, contro quella che era ormai una realtà nella loro anima: si ritenne che fosse impossibile che Dio il quale mai 'pone un ostacolo sulla via delle fiere dei giusti' avesse ingannato e beffato il suo popolo con la falsa apparenza della redenzione.
E così sorsero dottrine, il cui elemento comune fu che volevano colmare l'abisso che si era aperto tra la realtà interna e l'esterna che aveva cessato di essere il simbolo di essa.

Alla vittoriosa marcia messianica del 31-32 e al Regnum instaurato cosa subentra, invece, nei seguaci del Christos, quando Gerusalemme si arrende a Vitellio, dopo il trattato di Zeugna tra il governatore di Siria ed Artabano, e il nuovo sinedrio consegna il suo messia ai romani che lo crucifiggono per decreto di Ponzio Pilato, reintegrato nel suo imperium dalle legioni?

Noi sappiamo poco o niente di questo episodio se non la ricostruzione dei fatti secondo la versione evangelica dei cristiani di Antiochia, secondo una tradizione apostolica, apologetica e patristica storicizzata da Eusebio di Cesarea in epoca costantiniana.
Qualcosa si può intuire dall'opera storica di Filone di Alessandria (un contemporaneo, un teologo, un monumento della cultura ebraica, sicuramente conosciuto dal Christos) non in relazione al fatto nascosto o non narrato dell'uccisione del Christos, ma solo ai fatti successivi, avvenuti come conseguenza diretta di quella morte.

Filone di Alessandria non parla di questo avvenimento, ma parla del primo pogrom della storia, ad Alessandria, come conseguenza di quel fallimento messianico (cfr. Una strage di Giudei in epoca caligoliana,E.Book, Narcissus,2011).
Ne parlano anche i Vangeli, ma la fonte è in ritardo di almeno un cinquantennio e specificamente Luca, 24,12-25, che, nell'episodio dei discepoli di Emmaus, riferisce che i due, facendo le sette miglia che bisognava percorrere dallà città santa fino ad Emmaus, parlavano discutendo fra loro di quanto era avvenuto.

Alla domanda di Gesù risorto (a loro sconosciuto, accompagnatosi improvvisamente) " Che discorsi sono questi che vi scambiate cammin facendo?", Cleopa, un famigliare, marito di una Mariamne, rispose : tu solo sei così straniero da non sapere ciò che è capitato in questi giorni a Gerusalemme? "Che cosa?" fece il sopraggiunto. Gli risposero. " il caso di Gesù, il nazareno, che era un profeta potente in opere e in parole davanti a Dio e a tutto il popolo. come i grandi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per essere condannato a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui quello che avrebbe liberato Israel. Ma siamo già al terzo giorno da quando sono accaduti questi fatti. Tuttavia alcune donne tra noi ci hanno sconvolto. Esse si sono recate di buon mattino al sepolcro ma non hanno trovato il corpo. Sono tornate a dirci che hanno avuto una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo .Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro ed hanno trovato tutto come avevano detto le donne ma lui non l'hanno visto".

Il passo è di epoca successiva ai fatti ed è connesso con l'opera di Giuseppe Flavio (cfr Antichità Giudaica,XVIII 63 e sg).
A noi non interessa questo sul piano storico perchè cerchiamo di capire da altra fonte la delusione e lo sconvolgimento del mancato messianesimo tramite il testo di Filone .
Quanto segue del testo lucano, comunque, è indicativo dello stato di costernazione e terrore dei due che si allontanano dalla città santa forse perché parenti del Messia.
Infatti Gesù (il nuovo arrivato, ignaro del fatto) condanna i due come stolti e tardi di cuore incapaci di creder quanto detto dai profeti: Non doveva forse il Cristo patire tutto questo ed antrare nella sua gloria?

La spiegazione poi dello sconosciuto con riferimenti a Mosé e a profeti, alle scritture in genere (Deut.18,15; Sm 22,Is.53) è solo  giustificazione posteriore circa la morte del Messia e risulta una concezione umilistica, sofferente e dolente del messianesimo, propria della pars piagnona del messianesimo, una costruzione della II metà del I secolo propria del cristianesimo incipiente, quello del regno di Dio antiocheno.
Questa posizione da noi esaminata in altre occasioni per ora non interessa: noi rileviamo che il messianesmo fallito lascia una traccia in Filone grande studioso e interprete delle scritture, della lettera di Dio come phusis e come historia.
Si può leggere in In Flaccum e in altre opere il reale pensiero di Filone sul mancato messia e sulla delusione cocente di un popolo nel vedere morire il proprio messia atteso esaltato come vincitore dei romani,visto perfino nel soglio regale, poi abbattuto.

Dov'è Dio? Dove l'oikonomia divina letta dall'uomo? dove la pronoia secondo la lezione allegorica? dove l'amore per il popolo di Israel? Dio non può ingannare il suo popolo così'! ed allora? cosa fare quando la storia si capovolge quando gli ultimi diventano primi, quando la ragione non ha più logiche, vinta dall'assurdum? (Cfr. Peripeteia e cristianesimo. Temi angelofilipponi.com) ...

Filone comincia la sua theoria e platonicamente imposta secondo anche il neopitagorismo, la sua arcaica kabbalah, come i sabbatiani?
Filone è ben altra cosa rispetto ai seguaci di Zabbatay? ...
Il suo pensiero è così grande, pur nella coscienza dell'esilio di Dio e del suo nascondimento, che ancora oggi sussiste in tre religioni? ...
Cerchiamo insieme di capire che il paradosso ebraico del sofferente o meglio del servo di Dio sofferente produce sempre una teoria di attesa.

Infatti sia per il Christos che per Zabbatatay si costituisce la theoria della parousia in quanto non è sopportabile per il fedele l'idea della fine del messianesimo, comunque si sia verificato e in qualunque epoca sia avvenuto.
Infatti Sholem lavorando sul fenomeno sabbatiano ed io lavorando su quello storico tiberiano e caligoliano (dopo aver scrito Giudaismo romano e Caligola il Sublime), pur da diverse angolazioni e con diverse impostazioni storiche e religiose si è giunti ad una medesima comnnlcusione.

Perciò per me, mancata la parousia del Signore, si è elaborata una Theoria cristologica di un Christos incarnato figlio di Dio, di Christos logos e quindi di una Trinità del Figlio insieme col Padre e con lo Spirito Santo.

Per Sholem" in entrambi (i casi - nelle due venute messianiche-) una certa fede mistica si cristallizza intorno ad un avvenimento storico, che, dialetticamente, viene giustificato attraverso quel paradosso. Tutti e due vivono originariamente nella stessa tensione, nell'attesa della parusia, cioè vivono nell'attesa dell'avvento o del ritorno del Redentore che sia dal cielo o dal regno delle tenebre.
In tutte e due i casi la sovversione degli antichi valori nel cataclisma della redenzione porta ad una esplosione di tendenze antinomiche, in gran parte moderate e velate, in parte radicali e violente, e in tutti e due i casi si ha una nuova concezione della fede come realizzazione del mondo nuovo della redenzione, resosi visibile nell'anima e questa 'fede' implica una latente polarità di paradossi anche più stridenti. In tutti e due i casi, infine, si perviene alla formazione di una teologia della Trinità e dell'incarnazione di Dio nell'uomo-dio".

Quel che, però, sorprende è che alla base di ogni fenomeno c'è la terminologia usata specificamente da Filone sia in Creazione del Mondo che in Vita di Mosé o anche in altre opere filoniane...
Per me la teologia della Trinità e dell'incarnazione del dio nell'uomo- dio è conseguenza di un mancato e non verificato ritorno del Messia ...

08/02/2013





        
  



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