CONTRO LA LETTURA-Per una pedagogia del semianalfabetismo. Secondo capitolo
San Benedetto del Tronto | "Sempre più persone abbandonano la lettura per sempre. La potete lobby dei librodipendenti inizia a fare pressioni sul direttore responsabile del nostro quotidiano perché sospenda le pubblicazioni. Ma noi proseguiamo adamantini."
di Paolo Parigi
Abramo Lincoln
Abramo Lincoln
CONTRO LA LETTURA
Per una pedagogia del semianalfabetismo
Un pamphlet di
Paolo Parigi
Capitolo II: (parte II)
UN UOMO CHE LEGGE NE VALE MEZZO
Problemi psico-intellettivi dovuti alla lettura
Analizziamo ora fugacemente l'ingannevole espressione spirito critico Dietro questa apparentemente icastica formulazione, che ce lo fa apparire quasi una virtù, si nasconde invece un ossimoro osceno, una contraddizione in termini. Critico: cioè non allineato, dissidente, controverso, estraniato, alieno, straniero. E come può un dissidente conformarsi allo spirito, che invece è adesione convinta e profonda alla verità eterna della Natura umana, che non cambierà mai perché non può cambiare? Il sedicente spirito critico, invece, nella sua superbia, aspira all'impossibile e all'illegittimo: il desiderio di un mutamento, di un'evoluzione del mondo. In quest'ottica, il virus della lettura è il primo e il più pericoloso degli agenti patogeni che possono scatenare l'epidemia finale che annienterà la nostra società in una universale guerra di opinioni contrastanti, di idee discordi, di aspirazioni incontrollate a realizzare ciascuno un'idea diversa di felicità.
Con il supporto di un'altra sequenza dell'inquietante testimonianza di Francesco T., relativa appunto agli anni dell'adolescenza, vogliamo ora introdurre la confutazione di un altro argomento, stavolta "difensivo", cavallo di battaglia di quel pedagogismo buonista che tanti danni ha fatto da quarant'anni a questa parte, il quale sostiene che la lettura in età infantile di testi scritti appositamente concepiti per l'età pre-scolare o per la scuola primaria non è in nessun modo collegata allo sviluppo della reading-addiction in età adolescenziale. Si tratta di un'argomentazione che non sappiamo se trovare più irrazionale o criminale, sempre fatta salva la buona fede di chi la sostiene.
Sarebbe come affermare che far bere vino ad un bambino di quattro anni non danneggia le sue funzioni epatiche, e non lo predispone in alcun modo a sviluppare una tendenza all'alcolismo in età più matura. È un controsenso talmente evidente che qualcuno si starà chiedendo perché ci prendiamo la briga di affrontare l'argomento.
Ribadiamo che è oramai riconosciutola da diversi decenni anche dall'Organizzazione Mondiale della sanità (un Ente la cui attendibilità e imparzialità immaginiamo nessuno voglia mettere in discussione) che la librodipendenza, o reading-addiction, sia equiparabile in tutto e per tutto ad una dipendenza da stupefacenti.
Orbene, la stessa OMS afferma che l'età minima alla quale i ragazzi iniziano a far uso di sostanze stupefacenti cosiddette "leggère " si sta abbassando sempre di più, fino a partire dai cinque-sei anni in alcune regioni depresse del nostro pianeta. Ed è altresì più che dimostrato quanto sia stretto il rapporto fra uso precoce di droghe derivata dalla Cannabis e il successivo passaggio a sostanze psicotrope di impatto assai maggiore, e quasi sempre irreversibile, come cocaina, eroina, crack, anfetamine, e innumerevoli altri prodotti psicolettici, psicoanalettici e psicodislettici, alcol e caffeina inclusi.
Come si può dunque sostenere ragionevolmente che la lettura in età infantile di un'opera come quella che Francesco T. recupera dai propri ricordi d'infanzia, che sotto il manto rassicurante dell'intento educativo propala esempi di ribellione all'autorità, avventurismo, blasfemia (non sarà sfuggito il riferimento al personaggio della "fata madonna"), e autoerotismo (significativa qui la rimozione che Francesco T. ha fatto del particolare osceno del naso della marionetta che si "allunga" ogni qual volta egli è a colloquio con la fata )?.
Come si voleva dimostrare, Francesco T., che oggi è un mite impiegato dell'Ufficio Rifiuti, nel giro di pochi anni ha perso il senso dei propri limiti e ogni capacità di distinguere l'entità dei rischi che correva, anche - purtroppo - con la complicità dei genitori che hanno minimizzato, quando non fomentato l'uso della carta stampata che, in certi individui predisposti, può avere un effetto di temporanea stabilizzazione dell'umore. All'età di diciassette anni, Francesco si imbatte nell'opera che ha rischiato di stroncargli l'esistenza:
"Ero da solo sulla spiaggia battuta dal sole. Mi dirigevo verso il mare, sperando che il suo freddo abbraccio mi riscotesse dal torpore e dalla nebbia in cui mi aveva gettato il secondo libro della mattinata, mi pare che fosse di fantascienza. Un libro giaceva abbandonato a faccia in giù su un telo da mare bianco. La copertina dorata rifletteva la luce del sole, e attirò il mio sguardo mentre gli passavo accanto: mi avvicinai, lessi il titolo... Era un saggio, di un filosofo inglese. Sulla religione. Contro di essa.
Mi guardai intorno, nessuno faceva caso a me. Rubai il volume abbandonato, corsi a nascondermi nell'alveo fra due cabine, al riparo dalla luce troppo forte del sole, e mi tuffai in quelle pagine. Ben presto, mi sentii riempire da nuove forze, il cervello mi si liberò, sentii come se un enorme peso mi fosse all'improvviso tolto dalle spalle. Ebbi la conferma che tutto quanto i genitori e le suore mi avevano insegnato era falso, e che non ero da solo a pensarla così! Tornai a casa sudato e sporco di sabbia, e proclamai: Mamma, papà, io non credo! Mio padre mi rispose: Chi ha chiesto il tuo parere?"
Forse un adolescente ha la capacità, lasciamo stare il diritto, di avere un'opinione sui problemi fondamentali che nemmeno antichissimi pensatori professionisti hanno mai saputo risolvere? Ma diremo di più: è possibile che nella nostra epoca post-ideologica, di inarrestabili progressi tecnologici ed economici, si debbano ancora diffondere e testi che mettono in discussione i principi di gerarchia piramidale sui cui la nostra civiltà deve basarsi se non vuole soccombere nella corsa verso il futuro?
Non è nostra intenzione mettere in discussione un principio accettato dalla maggior parte delle nazioni avanzate dell'Occidente, quale quello della libertà di stampa, anche se forse un ripensamento dei limiti di questa libertà è un problema che molto presto andrà messo sul tavolo del dibattito culturale europeo. Non possiamo non chiederci, tuttavia, quando si consente la diffusione - addirittura sulle pubbliche spiagge - di testi che contengono confutazioni dei dogmi della religione di maggioranza, e argomentazioni contro l'esistenza stessa della Religione, se in nome di tale obsoleto principio illuminista - per quanto rispettabile - si possa venir meno ad un istinto primordiale, quindi molto più naturale, l'istinto di sopravvivenza.
A nostro avviso, è in gioco oggi la possibilità stessa del mondo quale lo conosciamo di esserci ancora fra una generazione. Una società dove la circolazione in forma aperta e addirittura in forma scritta di ogni idea, di ogni delirante farneticazione, di ogni pensiero rivoluzionario, è una società che finirà per autofagocitarsi, rimanendo vittima di quello stesso infernale orgoglio che portò la Prima Donna a farci perdere il Paradiso Terrestre. La nostra società, che ogni giorno combatte un'eroica battaglia all'interno di una babelica fibrillazione di lingue e culture che si contendono il dominio del pianeta, non può più ammettere, se vuole sopravvivere che la conoscenza sia alla portata di chiunque. Un genitore di buon senso non mette armi in mano ai propri figli, se li ha a cuore. Permettendo che la lettura e i libri siano accessibili a chiunque e in ogni momento, noi abbiamo disseminato il pianeta di mine-antiuomo. Riusciremo mai a disinnescarle tutte?
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25/09/2011
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