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Giorello, o l'ateismo pragmatico

San Benedetto del Tronto | Il filosofo ha presentato il suo ultimo libro, spaziando da Spinoza all'attualità

di Giovanni Desideri

Giorello

Non è più tempo di dimostrazioni o confutazioni dell'esistenza di Dio, salgono le quotazioni del pragmatismo, più adatto alla società di massa e al dopo Kant (il quale dichiarò indimostrabili le due opposte tesi). E così anche un libro sull'ateismo prende un titolo che promette utilità, per esempio l'ultimo di Giulio Giorello: "Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo" (Longanesi, 2011). L'autore lo ha presentato sabato 26 marzo all'auditorium comunale di San Benedetto, introdotto dal prof. Francesco Tranquilli e da don Vincenzo Catani, dinanzi ad un pubblico numeroso e molto partecipe.

Dalla teologia alla società o dalla teoria alla pratica. Questioni teoriche come quelle su Dio e la religione tendono oggi a frammentarsi in singole concrete opzioni, aventi conseguenze più o meno importanti sulla vita delle persone, dalla presenza dei crocifissi nelle aule alla fecondazione assistita. Discussioni tra specialisti o tra amici, che di solito si spostano intorno alla questione del potere "politico", che hanno i sostenitori di una tesi di imporsi sugli altri.

Questioni di potere, da un lato. Ma per altro verso parlare di Dio e religione comporta l'espressione delle proprie personali idee o "preferenze", e il racconto della propria biografia e della propria formazione. Idee e vita vissuta di chi le esprime. Discorsi più o meno accesi che si sviluppano su temi teorico/concreti, ben presenti nella vita vera e vissuta dalle persone, da intendersi sia come coscienza individuale, sia come destino dei popoli, per esempio nelle guerre di religione passate e presenti o nelle lotte di liberazione da teocrazie, ampiamente citate da Giorello.

Tutti questi elementi hanno generato la fenomenologia dell'incontro all'auditorium di San Benedetto. Il professor Tranquilli ha formulato una prima domanda prendendo spunto dal discorso di insediamento di Barack Obama, il quale citò i non credenti, tra i gruppi che formano l'America, insieme a cristiani, musulmani, ebrei e altri "religiosi". Un simile passaggio sarebbe stato possibile da parte di un politico europeo? O l'ateismo non è piuttosto il più forte tabù del vecchio mondo?

Ecco svilupparsi da un esempio concreto una discussione teorico/pratica: Giorello ha rivendicato libertà rispetto alle opposte aberrazioni di una religione o di un ateismo di Stato. Don Catani lo ha seguito affermando che la fede non ha bisogno di crocifissi nelle aule, otto per mille o altre questioni del genere. Il "punto" si è chiuso con la chiosa di Giorello: «Altri dovrebbero convincersi della scarsa importanza di queste cose, che invece vengono rivendicate dalle gerarchie».

Conciliare teoria e pratica. Il discorso si sposta sulla biografia. Don Catani racconta della sua famiglia di "atei onesti", dal nonno ai genitori. Un nonno anarchico mai entrato in chiesa, che mai si è tolto il cappello in segno di rispetto verso il "notabile" di turno. Giulio Giorello racconta del padre calvinista che non chiede alla scuola frequentata dal figlio l'esonero dall'ora di religione. E così il filosofo segue le lezioni di don Luigi Giussani «da cui non potevo che fuggire verso l'ateismo!».

Paura, infinito, spiritualità. Don Catani racconta di quando a scuola ostentava ateismo, e leggeva Bertrand Russell. «Accettai di leggere i vangeli, amai quello di Matteo, che affascinò anche Pasolini, e tra la facoltà di medicina e il seminario scelsi il seminario. Il nonno fu coerente e mi scrisse "viva sempre la libertà... ma del resto in ogni famiglia c'è sempre una pecora nera!"».

Anche Giorello era un lettore di Russell, logico e intellettuale impegnato in molte battaglie sui diritti civili. Don Catani aggiunge: «La mia fede è nata dalla paura rispetto al mistero della vita e della morte, dal sentimento dell'infinito. Oggi ho una prospettiva escatologica, sul fine ultimo della mia esistenza». Giorello: «L'infinito e la spiritualità non sono esclusive della religione. Di infinito parla Leopardi e parlano i matematici, la spiritualità è in molti ambiti dell'attività umana, senza sconfinamenti nell'angoscia del finito».

L'intellettuale. Giorello vede la fede come i protestanti calvinisti: è un dono di Dio, e chi non ce l'ha non può darsela. «Ci dica due motivi per cui non crede», gli chiedono dal pubblico. Risposta: «Spinoza scrive alla proposizione 67, quarta parte della sua Etica, che "L'uomo libero non pensa a nulla meno che alla morte, e la sua sapienza è meditazione non della morte, ma della vita". Anselmo d'Aosta diceva che Dio è così perfetto che non può non esistere, altrimenti mancherebbe di tale perfezione. A me sembra che sia così perfetto, che egli possa darsi la pena di non esistere».

27/03/2011





        
  



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