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Eugenio Scalfari inaugura a Perugia il Festival del Giornalismo con la sua Lectio Magistralis

Perugia | Fa il suo ingresso con puntualità nell’aula Magna dell’Università di Perugia colma di un pubblico attento e ordinato, e si siede con semplicità al centro del lungo tavolo sopra il quale campeggia uno schermo che ne amplifica la contenuta presenza.

di Maria Teresa Rosini

Eugenio Scalfari

Nonostante gli anni e una velata idiosincrasia per le cerimonie e le celebrazioni, Scalfari manifesta la sua invidiabile capacità, del tutto priva di comunicazione gestuale, toni o effetti scenografici, di catturare l'attenzione sviluppando il suo ragionamento e conducendoci per mano pazientemente dentro le sue convinzioni, frutto dell'esperienza di parecchi decenni vissuti da protagonista nel mondo della carta stampata e della professione giornalistica. E' una lucidità attuale e contemporanea la sua, non suscita indulgenza l'età e il lungo percorso: è un uomo che appartiene al presente più che al passato.

Il suo esprimersi è completamente dominato dalla Parola, pur utilizzata con parsimonia e puntualità, semplice ed efficace nei concetti più complessi, che cede volentieri a pause di riflessione o di aggiustamento del pensiero.
Scalfari esordisce con un aggettivo inaspettato a definire la professione del giornalista: crudele.

Una curiosità crudele anima il giornalista perché denudare ed invadere la vita altrui è pur sempre crudele, ma da questo non si può prescindere nell'affrontare questo mestiere. Senza la curiosità, intesa probabilmente come desiderio di comprensione dei fatti e degli uomini che li hanno animati e prodotti, l'armamentario di studio e preparazione che si può acquisire non è sufficiente: giornalista in parte si nasce e non si può soltanto diventarlo attraverso un curricolo teorico e pratico seppure significativo.

Inoltre non si può essere aperti nello sguardo verso il mondo se non si maturato uno sguardo altrettanto aperto nei confronti di se stessi per sapere chi si è davvero.
Anche il "comandamento" più scontato del giornalista ci viene presentato come impossibile da attuare: separare i fatti dalle opinioni.
Esiste davvero una oggettività dei fatti la cui sostanza possiamo esprimere a prescindere dallo "sguardo" che su quei fatti si posa? Esiste quindi una verità assoluta che può emergere con certezza dalla trama delle vite e delle storie che si intrecciano attraverso la soggettività dell'occhio che le scruta?
No, se non quella spacciata per tale da un "cattivo" giornalismo.

L'unica onestà rimane quindi quella di dichiarare ciò che Scalfari definisce "il punto di sguardo" di chi scrive, il contesto di riferimenti a partire dal quale si osserva e si analizza. Dichiarare il "punto di sguardo" dal quale si osservano e si analizzano i fatti è anche la chiave offerta al lettore per "decrittare" ciò che legge e consentirgli con più facilità di poter avere un suo "punto di sguardo".

Per poter comunicare il proprio punto di sguardo o di vista, come più comunemente si dice, occorre una consapevolezza strutturata della propria identità da parte di chi scrive: occorre, come afferma Scalfari, "sapere il sé stesso dove sta collocato".
Un giornale che pretenda di stare "al di sopra delle parti" nelle vicende che riporta o analizza vuole accreditarsi un'onestà che nel migliore dei casi si traduce nel dare "un colpo al cerchio e uno alla botte", "facendo lo slalom tra le bandierine".

Fondamentale nel giornalismo è anche il ruolo dell'editore e il suo rapportarsi con gli altri soggetti: direttore e redattori.
"Fare" un giornale, è un mestiere di squadra.
Editore, direttore e redattori devono saper lavorare in modo corale.
E l'editore è chi vuole fare profitto col suo giornale: se questa condizione non è assolta, il giornale potrebbe servire ad altro scopo, meno limpido e più inquietante.

Nella conclusione del suo intervento, Scalfari ricorda la sua giovinezza.
Ci porta a ripercorrere con lui la strada attraverso la quale, pur essendo nato durante il ventennio ed essendone stato, come tutti i giovani coetanei, condizionato, a seguito della sua espulsione dall'organizzazione fascista dei giovani universitari per alcuni articoli da lui scritti, ha acquisito consapevolezza e ampliato i suoi riferimenti culturali modificando il suo "punto di sguardo" sul mondo: di fronte a tanti giovani studenti che lo ascoltavano, un esempio di come la curiosità, la determinazione a continuare a cercare e l'onestà, prima di tutto con sé stessi, restino, nonostante la disorientante rapidità di mutamenti e riferimenti del presente, strumenti di realizzazione e di costruzione di sé.

11/04/2008





        
  



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