La Vedova scaltra
Fabriano | Una forte sensualità si nascondeva sotto sofisticati nasi, vestiti e ciprie.
di Andrea Carnevali
La Vedova scaltra
La regista ha fatto gravitare intorno al personaggio di Rosaura, interpretato da Raffaella Azim, le passioni amorose di molti personaggi nella Venezia del Settecento.
"La vedova scaltra" è lo spaccato dell'Italia mercantile. La vita dei veneziani - la consueta abitudine di bere cioccolata nei caffè - e il ruolo della città cosmopolita sono state le maglie in cui i personaggi di Lina Wertmüller si sono mossi sul palcoscenico.
La condizione femminile è stata messa al centro del quadro storico. Carlo Goldoni ha percepito il cambiamento, probabilmente dalle sue esperienze di viaggio e affidate al personaggio di Rosaura. La donna, dopo la morte del suo vecchio marito, ha ereditato una considerevole fortuna ed aspira ad un matrimonio che risponda ai suoi desideri.
La presentazione della commedia ha rispettato le scelte linguistiche di Carlo Goldoni. Del resto l'opera venne scritta a Venezia. Ma a dare maggiore vivacità alle scene è stata Raffaella Azim con il personaggio di Rosaura, moderno e incerto, che a dire la verità sapeva un po' di "melodramma"
A rispettare il ruolo tradizionale della Commedia dell'arte è stato l'Arlecchino di Gianni Cannavacciuolo che faceva pensare allo zanni della Commedia dell'Arte.
Il testo di Lina Wertmüller è molto intrigante ed ha una carica di sensualità. I quattro amanti della bella Rosaura conosciuti al ballo, il Milord Ronebif, inglese, il cavaliere Le Bleau, francese, Don Alvaro di Castiglia, spagnolo, ed il Conte di Bosco Nero, italiano sono gli ammiratori dello spirito della giovane vedova che si vuole rifare una vita.
I quattro giovani, assistiti da Arlecchino. La corteggiano. Luogo di incontro è la stanza da letto. La scenografia è rimasta ferma per tutta la rappresentazione. Un letto che ne suscitava il ricordo dei riti cabalistici: il gioco della vita. Il letto enorme era il luogo di incontro e di rifiuto degli amanti di Rosaura. Esilarante la conclusione di Lina Wertmüller dove la morale sembra aver perso il suo valore.
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18/02/2008
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