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Se 4 milioni vi sembran pochi

San Benedetto del Tronto | Lettera aperta alle donne libere. Sulla 194

di Laura Ripani


Esiste tutta una generazione che è stata cancellata. Ed ora, ad un'altra, si vuole annichilire il pensiero. Sono 4 milioni, infatti, i bambini che, grazie alle legge 194, non sono nati. E l'Italia è a crescita zero. C'è qualcosa che non va in questa società visti gli effetti. Se una legge, per garantire alle mamme il diritto a sbarazzarsi di un figlio non voluto per un qualunque motivo, ha permesso di rinunciare a tanta gente. Che oggi avrebbe da 0 a 20 anni circa.

Il prevalente diritto di chi c'è già, ha superato quello che, da che mondo è mondo, è una facoltà concessa soltanto alle donne. E della quale andare fiere. Procreare.
Insomma sconvolge che si è trattato di dare la precedenza al più forte.
Ma ora la 194 esiste. Lo permette lo Stato italiano, ma non sempre le leggi sono giuste. Soprattutto quando se ne travisa lo spirito che le anima.

E c'è un'altra, intera generazione, che non è femminista. Che non si ritiene per questo un contenitore o una macchina per fare figli. Ma che, proprio per questo, intende rivendicare la possibilità che, se arrivano esperite tutte le vie per il controllo delle nascite, vanno accolti. Sostiene, anche, questa sparuta minoranza, il diritto alla società in primis di progredire e non invecchiare senza un futuro. Ma costoro vengono zittite, bruciate sul rogo della ideologia prevalente.

Se sei a favore della vita, sei antiquata se va bene. Baciapile, o ipocrita. Sei una reietta della società avanzata e giudicata. Per una sorta di contrappasso, come coloro che, più di 20 anni fa, erano costrette ad un aborto clandestino. Non si può dire, oggi, nel 2006 che la maternità è un dono. Eppure sono migliaia le coppie che ricorrono a tutti i metodi, naturali e no, pur di diventare genitori. Oggi più che mai. Persone che adotterebbero subito un piccolo destinato, altrimenti, all'inceneritore.
Avere un figlio è un'opportunità e, perché no, può contribuire a migliorare il mondo, combattere il progressivo invecchiamento della società. Una responsabilità personale che ha risvolti comuni.
Ben vengano, allora, i sistemi per la programmazione e il controllo delle nascite perché è umano avere il diritto di volere un figlio come non sentirsi disposte. Ma comunque farlo arrivare quando si è pronte. Ma le statistiche informano che la maggior parte delle interruzioni volontarie di gravidanza si fanno per motivi economici. Non si hanno i mezzi. Soldi, insomma. Ai quali uno Stato ed una società che si dice civile deve dare, qui sì, una risposta. Di questo dovrebbero discutere i sit in. Le donne, tutte. E scendere in piazza.

Ma io credo si tratti anche di una carenza addirittura più profonda, sul piano culturale. E attiene al concetto stesso di libertà così come la si intende oggi.
La dittatura dell'ideologia ha soppiantato il becero moralismo d'antan. E la società attuale innalza lo slogan "fare come mi pare".
La libertà vera, invece, è poter decidere, avere la possibilità di scelta. La libertà è, inoltre, è essere educati ad una responsabilità. E pretendere tutti gli strumenti perché questa volontà si possa manifestare.

Chi ha paura degli aderenti al Movimento per la vita nei consultori, quindi, ha male interpretato, o è in malafede, lo spirito della legge. Che nasce per tutelare la vita. Di fatto tutela invece soltanto chi si arroga il diritto di decidere per altri, offrendo l'unica soluzione dell'aborto.
Entrare in un consultorio è una realtà frustrante. Si è trattati come numeri, c'è un impiegato che registra. Anche se ha una laurea, anche se fa lo psicologo. Ma lo Stato è tenuto a dare informazioni su tutte le opzioni. Fare in modo che siano superati quegli ostacoli i quali, troppo spesso, inducono le donne (non ne ho conosciuta una che andava ad abortire a cuor leggero) che, diversamente indirizzate, con il giusto bagaglio, possono fare indipendentemente la propria scelta. Magari ancora abortire, per carità. Ma consapevolmente. Ma non può, non deve, la donna, essere costretta ad una sola. Da sola.

18/01/2006





        
  



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