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Nuove metafore per la medicina

San Benedetto del Tronto | Le scoperte che stanno facendo crollare la concezione meccanica del corpo umano

di Fabrizio Marini


In questo articolo cercherò di mostrare come in ballo non vi sia soltanto l’affermazione di una nuova branca della medicina: la psicosomatica, ma che dietro questo termine in realtà si cela una profonda rivoluzione dei concetti tradizionali della scienza medica. Ci si è mai chiesti perché la medicina moderna considera il corpo umano come una macchina? Riportiamo una citazione da un libro di testo del dottor Michael DeBakey: «Gli organi del corpo possono essere paragonati a una serie di macchine operative; per esempio il cuore, che è collegato con tutti, è una pompa bifase. Il fegato e l’intestino raffinano il combustibile usato dai motori del corpo. I reni, i polmoni, le budella e il fegato sono fognature che eliminano le sostanze inquinanti potenziali, le scorie o le ceneri dopo il consumo del carburante.»
           
Alla base di questa ardita e gelida metafora vi è il presupposto cartesiano della divisione assoluta della mente dal corpo. La prima obbedisce a regole che fanno riferimento alla filosofia o alla religione, il secondo opera secondo rigide connessioni di causa ed effetto, meccanicamente. Può sembrare stupefacente ma i cosiddetti “fatti” della scienza non significherebbero nulla se non venissero inseriti in questo contesto filosofico.
           
In base al presupposto cartesiano la malattia del corpo è l’esito di una modificazione fisica in un punto particolare. Ne deriva che la cura è una questione, o meglio una “guerra” che il medico muove contro l’organo malato. L’individuo con il suo carico di affettività, paura e speranza è semplicemente accessorio e inutile. Rispetto al principio cartesiano tale prospettiva non fa una grinza: per la scienza in genere l’uomo abita un corpo “morto”, che non è il suo corpo, quello dotato di una storia e di un significato, ma è il corpo generale e anatomico del libro di testo universitario.
           
Peccato che vi siano una serie fatti che collidono con la divisione metafisica tra mente e corpo. Questi fatti mostrano un’influenza della mente sul corpo. Inoltre recenti scoperte scientifiche hanno avvalorato questi eventi non catalogabili nel paradigma dominante e perciò banditi dalla pubblica opinione. Citeremo pochi esempi ma chiari.
           
Uno di questi concerne la scomparsa delle verruche in soggetti sottoposti a ipnosi. La verruca è una neoformazione cutanea provocata da un virus. Ora basterebbe questa prova a far crollare tutto l’edificio scientifico: come può un atto esclusivamente mentale come la suggestione indotta, provocare la modificazione (guarigione) di una malattia esclusivamente fisica?
           
Un altro fenomeno sconcertante è quello dei soggetti che presentano personalità multiple. Un caso eclatante è stato descritto da Daniel Goleman sul New York Times del 28 giugno 1988: un bambino di sei anni, Timmy, ha una dozzina di personalità separate, ognuna delle quali ha proprie caratteristiche emozionali e comportamenti correlati. Nel momento in cui Timmy manifesta una personalità specifica compare una reazione allergica quando beve del succo d’arancia, ma se in quel mentre la personalità viene sostituita la reazione cessa e le vescicole gonfie di liquido spariscono! In altri casi le personalità possono essere legate ad altre malattie come il diabete. Anche qui è in gioco un legame diretto tra mente e corpo che non è spiegabile all’interno dell’attuale modello medico.        

Veniamo ora alle nuove scoperte scientifiche che avvalorano la connessione tra mente e corpo, o addirittura la loro identità. Coerentemente con il paradigma cartesiano più volte citato la scienza ritiene che la mente sia confinata nel cervello e che da lì corpo venga azionato tramite i nervi. E naturalmente l’apprendimento è una funzione eminentemente mentale o cerebrale. Molti di noi ricorderanno dagli studi scolastici i famosi esperimenti del russo Pavlov compiuti alla fine del XIX° secolo: egli dava da mangiare a un cane una bistecca e contemporaneamente faceva squillare un campanello. Dopo aver ripetuto diverse volte tale dinamica egli si limitava a far squillare il campanello e osservò che il cane mostrava ugualmente i segni della presentazione del cibo, come l’abbondante salivazione. Per questo apprendimento Pavlov coniò il termine “condizionamento”. Ebbene negli anni ’70 lo psicologo Robert Ader e il suo collega Nicolas Cohen somministrarono a delle cavie un composto immunosoppressore, capace cioè di deprimere il sistema immunitario, a cui era stato conferito il gusto dolce della saccarina. Dopo molte somministrazioni gli sperimentatori fornirono agli animali soltanto la saccarina e il risultato fu una eguale reazione di diminuzione delle difese immunitarie! Questo fatto rivela che non solo il sistema nervoso è capace di apprendere e memorizzare, ma anche il sistema immunitario! Funzioni che un tempo si pensavano confinate al solo cervello ora sembrano essere distribuite a tutto il corpo.
           
Altre prove a favore dell’assenza di una barriera tra mente e corpo provengono dalla recente scoperta di un insieme di sostanze proprie del nostro organismo chiamate neuropeptidi. Queste sostanze sono della stessa natura delle proteine e circolano nel cervello soprattutto in quelle parti responsabili del tono emozionale della persona. Possiamo paragonarle alle dita di un pianista che premendo i tasti del pianoforte compongono diverse melodie. I neuropeptidi non fanno altro che attivare un bottone (recettore) presente sulla cellula cerebrale, provocando una cascata di modificazioni chimiche che si riflettono nella mutazione dell’umore e dell’emozione provata. L’aspetto rivoluzionario della questione sta nel fatto che questi neuropeptidi e il loro recettori cellulari non sono presenti solo nel cervello ma anche nei sistemi endocrino e immunitario. Poiché essi sono sensibili alle modificazioni dell’umore, sarebbero capaci di attivare, in relazione a diversi stati emotivi, modificazioni ormonali e immunitarie nel corpo, le quali a loro volta influenzerebbero tutta la chimica degli organi.   
           
Questa è la scoperta che la mente è il corpo, ossia che la mente non è altro che la rete di informazioni molecolari diffusa in tutti i punti del corpo, non solo nel cervello e che è in grado di influenzare tramite le emozioni il funzionamento dei tessuti.
           
La nuova metafora della medicina sarebbe dunque quella della rete psicosomatica, fatta di queste sostanze informazionali, sensibilissima ai movimenti della coscienza. Non più dunque una visione meccanica del corpo, fatta di organi separati legati da inerti forze elettriche e chimiche, assolutamente estranea alle condizioni psichiche ed emotive della persona.
           
Ciò significa rivalutare la componente soggettiva e affettiva del paziente in relazione alla sua malattia, che non sarebbe una disfunzione locale e materiale di un organo, ma l’apice di uno squilibrio dell’intera rete psicosomatica. L’attenzione alla persona e alle sue relazioni con il mondo non dovrebbe quindi avere un significato meramente etico, ma avrebbe invece un credito scientifico, sarebbe una concausa necessaria del processo di guarigione.
           
In questo articolo ho voluto esporre alcuni fatti assolutamente incompatibili con il vecchio paradigma medico-scientifico, ma in altre occasioni vorrei mostrare come tali conclusioni siano state preparate da piccoli passi e graduali acquisizioni in ogni campo del sapere.
 

26/09/2005





        
  



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