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La Flai/Cgil di Ascoli sull'acqua dei Sibillini

Ascoli Piceno | “L’acqua dei Sibillini un bene pubblico da tutelare. Chi pensa al suo sfruttamento a fini commerciali atto a creare nuova occupazione sul territorio, sappia che il ‘business’ potrebbe rivelarsi essere per pochi e non certo per la collettività”

di Piero Luciani*

E’ con un senso di profondo dispiacere che assistiamo oramai da qualche settimana alla querelle sull’acqua dei Sibillini, circa progetti di captazione ed imbottigliamento presentati da alcune società.

Dispiacere per come un tema così delicato ed importante, venga preso a pretesto come nuovo “business” di un territorio affamato di occupazione e di nuovo sviluppo economico. A maggior ragione in aree storicamente svantaggiate come la montagna.

Una sorta di scoramento ci sopravviene invece nel momento in cui su questi temi nasce e prolifera una battaglia politica, dove la posizione assunta da taluni ha ben poco a che vedere con l’obiettivo di creare nuova occupazione (che è diverso dal voler creare “business”, visto che le due cose non sempre, ed oggi meno di ieri, viaggiano a braccetto).

Ma non è solo questo il motivo, benché molto importante, a spingerci ad esternare pubblicamente il nostro punto di vista.

Il problema è invece, volendo entrare nel merito del business, che tali progetti di captazione ed imbottigliamento rischiano di risultare non solo antieconomici nel rapporto costi (investimenti)/benefici (occupazione ed economia del territorio montano), ma anche rischiosi dal punto di vista di approccio ai mercati di sbocco.

Perché se è vero che oggi in Italia si producono, in termini di volumi, oltre 11 miliardi di litri di acqua minerale l’anno e che l’esportazione è in crescente aumento (soprattutto verso Germania, Usa, Francia, Svizzera, GB), è altresì vero che questo mercato è regolato da quattro multinazionali del settore che, insieme, detengono il 75% dei volumi e l’85% del fatturato complessivo. Parlare di “cartello” è forse voler accentuare il regime monopolistico (le sorgenti, così come i marchi che le sfruttano sono tanti, ma le società proprietarie sono pochissime), ma tant’è.

Il mercato oggi si gioca sicuramente sulla qualità (ottima quella dei nostri Sibillini, ma anche quella di altre sorgenti in Italia), ma soprattutto sul prezzo per unità di prodotto.

E qui la battaglia è assai dura, visto che si gioca sul centesimo di euro ed a volte anche molto meno.

Una partita dove, come abbiamo visto, le forze in campo, i cosi detti “competitor”, sono colossi dai piedi di acciaio.

Se questo è il quadro, per poter competere sul mercato una nuova società dovrebbe poter contare su ingenti risorse economiche in grado di supportare efficaci progetti di marketing reiterati nel tempo (ivi compreso un buon budget pubblicitario) oltre ad essere in grado di sviluppare canali commerciali di prim’ordine. Si è in grado di sviluppare tutto ciò, in loco?
Una domanda che crediamo sia legittimo porsi in un contesto di discussione di merito circa la reale portata occupazionale del progetto. A questo proposito portiamo degli esempi.

In quel di Montefortino abbiamo ben due aziende che imbottigliano e commercializzano acque minerali: la Sagma con il marchio “Fonte Preistorica” (ex acqua Gallo), il cui mercato è in larga misura locale, e la Hostbrook con il marchio Tinnea, che lavora anche per terzi.

La prima sviluppa una forza occupazionale pari a 7 unità complessive, la seconda 14.

Volendo soffermarci sulla seconda, la Hostbrook, visto che per ordine di grandezza è quella che meglio si presta al fine di una comparazione oggettiva, questa ha la capacità di captare e di imbottigliare all’occorrenza, sino a 1,5 miliardi di litri di acqua all’anno, vale a dire poco meno del 15% del totale di acqua prodotta oggi in Italia, con una capacità di imbottigliamento di oltre 250 milioni di pezzi l’anno, nelle sue varie tipologie di imbottigliamento, tra vetro e Pet.

Una capacità ovviamente sfruttata solo parzialmente, molto parzialmente, soprattutto in questi periodi, visto che l’azienda sta scontando una vistosa contrazione dei volumi produttivi susseguenti ad un calo delle vendite. La Hostbrook produceva anche acqua di altissima qualità (e ben pubblicizzata), la microfiltrata, per conto di Parmalat.

Sappiamo tutti come è andata a finire a Parma, ma non è che qualcuno si sia interessato a dare continuità a questo segmento di business od a rilevarlo.

E’ a questo genere di business, è a questo sviluppo che vogliamo puntare, oppure non sarebbe il caso di allargare lo scenario puntando su di uno sviluppo che valorizzi l’ambiente, le peculiarità possedute dal territorio, le stesse materie prime che il territorio montano possiede? Perché non provare a finalizzare gli sforzi e le risorse economiche verso un progetto di agricoltura multifunzionale in grado di produrre reddito contribuendo nel contempo  a rivitalizzare il reinsediamento di queste zone? Perché non puntare sullo sviluppo della forestazione? Perché non mettere in campo ipotesi di “filiera” agro/turistico/ambientale e culturale?

Anche la FLAI, anche il sindacato ha a cuore lo sviluppo economico ed occupazionale della montagna, ma è proprio per questo e per una questione di coerenza, che vogliamo mettere in guardia dai rischi di facili strumentalizzazioni, le quali potrebbero tramutare i sogni in chimere…

*segretario FLAI/CGIL Ascoli Piceno

26/01/2005





        
  



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