Mi riesce difficile essere obiettivo nel recensire un concerto di un artista come Max Pezzali.

 

Non tanto perché io possa o no essere un suo fan o possa adorare o odiare la sua musica, ma più che altro perché è un pezzo della mia vita, le sue canzoni mi hanno accompagnato sin dalle elementari, con il ritornello di Hanno ucciso l’uomo ragno in testa affrontavo il passaggio tra un grado e un altro dell ‘ istruzione, con brabi come Come mai o Nessun rimpianto sognavo neanche adolescente di poter aver avere storie come quelle..

 

Lo so, c’ è chi è cresciuto a braccetto con i Led Zeppelin, o più in là con i Toto o gli Area, per non parlare dei fortunatissimi che hanno vissuto i cambiamenti con gli Europe e i Guns’ n Roses.

Alla mia generazione è “toccata”, volenti o nolenti, come colonna sonora delle varie mutazioni d’età la musica di Max Pezzali e di quelli che erano gli 883.

 

E come si fa a rinnegare un frangente così importante della propria vita?

 

Ma parlando dello spettacolo che ha offerto al numeroso e sopratutto caloroso pubblico sambenedettese è doveroso soffermarsi sulla folla e sulle ovazioni da stadio che gli sono state riservate da un palazzetto dello sport gremito da una fauna variegata, come solo a pochi cantanti che riescono ad emozionare e a far immedesimare senza cali di sorta nel tempo, è riservata.

 

E Max Pezzali lo è.

E’ uno di quelli che nonostante i suoi 12 anni di carriera alle spalle e i vari e differenziati momenti trascorsi e cambi di formazione - ricordiamo solo che gli 883 inizialmente erano lui e Mauro Repetto (ricordate il tizio che si sbracciava nei suoi video senza cantare?), poi hanno lanciato Paola e Chiara, inizialmente coriste e factotum della band-, in tutto questo tempo è riuscito a tenere costante l’affetto del pubblico verso di lui, uno di quelli che è riuscito ad attirare l’attenzione delle nuove generazioni senza montarsi la testa e rimanendo sempre il semplice Max che girava con la sua moto sognando l’America.

 

E’ un bell’effetto infatti vedere quindicenni che cantano a squarciagola brani scritti e che hanno avuto successo quando loro potevano avere a malapena 4 o 5 anni.

 

Apparte il pubblico, che Max è riuscito a tenere caldo per ben due ore e mezzo di concerto, lo spettacolo è stato emozionante, e accompagnato da una band sempre precisa, ha sfornato vecchi e nuovi successi, appunto da Hanno ucciso l’uomo ragno a Sei un mito, da Grazie mille a Il mondo insieme a te.

 

Piccola curiosità, grande ovazione e questa sul serio da stadio, quando dopo averla raccolta dal palco, si è messo a sventolare la bandiera della tifoseria della Sambenedettese.

 

Dunque grande concerto, grandi emozioni e soprattutto grande soddisfazione alla vista di un artista che a 35 anni passati riesce a farsi amare da un pubblico così variegato, regalando momenti di sincera e soprattutto genuina felicità ed emozioni a non finire.