La prima canzone è stata Hemingway, con “le dolcezze dell’Harry’s bar e le tenerezze di Zanzibar”. Così il foltissimo pubblico dello Sferisterio di Macerata è stato introdotto ieri sera, mercoledì, nel mondo di Paolo Conte, tesoro di “madreperla argento vento ferro fuoco” come in Dancing, il brano di apertura della seconda parte della serata. Accompagnato da undici musicisti (due percussioni, due chitarre, contrabbasso, trombone, tromba, una batteria di sassofonisti – quattro, Massimo Pitzianti anche alla fisarmonica e al bandoneon), per un’ora e mezza Conte ha estratto meraviglie dal cilindro, da Aguaplano a Come di, da Sotto le stelle del jazz a Sudamerica.

Conte tornava a Macerata a tre anni dal Razmataz Tour: in quella occasione immagini e musica, per la sontuosa raccolta di suoi disegni che rimase esposta per quindici giorni.

Ieri sera applausi scroscianti: “alla carriera” per Lo zio e Madeleine cantate in piedi con l’immancabile kazoo venuto fuori dal taschino. Tutti i colori di Conte: Alle prese con una verde milonga, il “nord-ovest bardato di stelle” di Diavolo rosso, l’“accappatoio azzurro” di Via con me, l’esotismo di una Onda su onda quasi parlata, l’oriente e l’ironia di Schiava del Politeama (a conclusione della prima parte), con il “corpo genial” della medesima. Un Paolo Conte in gran forma, persino solare.

Ancora, chitarre elettriche e accenti rock (!!) in Max e Gli impermeabili: quest’ultima introdotta da un sorriso e una smorfia di Conte all’indirizzo dello spettatore che l’ha chiesta a gran voce un istante prima dell’attacco. Ma anche l’intimismo vibrante di Reveries (nella prima parte) e Do do (bis), questa cantata da Jino Touche (contrabbasso) e James Thompson (sax tenore) e seguita di nuovo da Via con me come congedo, con il pubblico a cantare “it’s wonderful, good luck my babe”. Applausi interminabili, al punto che giacca in mano Conte è rientrato a salutare il pubblico in piedi. Una serata memorabile di buona musica e buonumore.