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La ricerca della camera ottica di Alessandro Panzavolta

Ancona | Orthographe genera forme sintetiche per descrivere la creazione.

di Andrea Carnevali

Come ascoltare il silenzio che diventa materia? La spettacolo "Orthographe", andato in scena lo scorso 3 luglio a Villa Nappi, ha posto questo condizione alla spettatore.

La camera oscura - un gioco sottile di sinestesie con diversi materiali - di Alessandro Panzavolta segna, attraverso le forme, l'evoluzione del sogno dell'uomo. È l'uomo stesso che descrive la sua evoluzione che non si ripete più perché il tempo è inevitabilmente cambiamento. Il risveglio è metafora della vita. Propriamente allegorico. Le immagini che appaiono sullo schermo sono quelle che si conservano nella memoria da molti anni.

Il lavoro ruota intorno al ricordo - anche se onirico - che lascia l'esperienza del ‘volo notturno' al risveglio, quando nel sogno la carne assume una leggerezza in equilibrio con il peso dell'aria, continuamente minacciato dalla caduta, continuamente trasportato verso l'alto.

Il tema del volo è ispirato alle opere di Goya per consegnarne allo spettatore un effetto caricaturale, distorto e greve. Servendosi di stimolazioni visive e uditive che manipolano l'attenzione del pubblico, Alessandro Panzavolta proietta immagini, in cui la vista è un atto di creazione, che nascono dallo stimo del suono. Le note musicali sono sibili o rumori delle onde. Ciò che viene ricercato è l'aspetti più laico della vita, delle scelte dell'individuo e della storia. La condizione umana di donna e la sua relazione con l'uomo è forte.

Le immagini di "Orthographe" hanno tratti informi. Gli equilibri tra uomo e donna sono instabili perché sono colti dal ricordo o nel sogno. La regia di camera ottica di Alessandro Panzavolta utilizza la macchina come uno strumento impressionista. È una condizione per creare sensazioni. Lo spettacolo però non richiama sono le esperienze del volo. Si lega alle cose dello spazio, perché non c'è una certa stabilità delle vicende umane. Del resto la camera ottica ha questa dimensione. Non necessita di uno spazio impegnativo e fisso. Le immagini acquistano una funzione profonda, che si avvicina alle geometrie. È una condizione dell'esistenza su cui si vuole osservare per imparare da chi sa già.

L'allestimento sconfina nell'impressionismo. La camera oscura provoca sensazioni. Suono ed immagine sono parte di un'identità che va ricercata sull'interno schermo dove compaiono i sogni onirici di Alessandro Panzavolta. Tuttavia non è l'unica situazione che ci porta fuori dalla stessa camera oscura. La fotografia Cesare Fabbri fa pensare alle opere pittoriche di Umberto Boccioni o di Max Klinger che appartiene come immagini sensoriali in cui il suono permette di imprimere l'identità del regista.

04/07/2008





        
  



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