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All’Università anche i colleghi europei puntano il dito sulla TV italiana delle “veline”

| MACERATA - Nell’ambito del corso di “Diritti umani” all’Università si discute sull’immagine riduttiva delle donne nei media italiani.

di Roberta Carbonetti

 
« Nel corso degli ultimi dieci anni i progressi della tecnologia dell’informazione hanno permesso la creazione di una rete di comunicazione globale […] che influenza la politica dei poteri pubblici e gli atteggiamenti e i comportamenti degli individui, soprattutto bambini e giovani. In tutto il mondo i mezzi di comunicazione di massa potrebbero contribuire molto più attivamente al progresso delle donne ». Si apre con queste parole la sezione intitolata “Donne e media” della Piattaforma di Pechino del 1995, si apre con un monito e si chiude con la speranza che i buoni propositi della precedente Conferenza trovino concreta applicazione.

Tra i punti cruciali della Piattaforma era anche il maggiore accesso delle donne all’istruzione e la sensibilizzazione al tema dei diritti delle donne all’interno delle istituzioni dei paesi sottoscriventi: di fatto in Italia poche università, tra cui quella di Macerata, si occupano di tale tema. Nell’anno accademico 2004/2005 la Facoltà di Scienze Politiche ha organizzato un corso di “Diritti umani e delle differenze” che la Professoressa Ines Corti ha incentrato sulla tematica dei “diritti delle donne” in qualità di “diritti umani fondamentali”.

Parlando dell’immagine della donna che i media italiani, particolarmente i servizi radiotelevisivi, promuovono e diffondono il dibattito si è fatto acceso. Sebbene siano molto numerose le donne che fanno carriera nel settore della comunicazione, l’immagine della donna costruita dal sistema radiotelevisivo italiano risulta ancora legata a stereotipi sessisti, sfruttata a scopo commerciale e di audience in modo spesso riduttivo o degradante.

Non si tratta di inutile retorica, visto che le ragazze tedesche che tramite progetto Erasmus stanno studiando a Macerata, sottolineano con stupore e con un certo rammarico quanto eclatante sia tale situazione: « Sono rimasta colpita dalla gran quantità di donne che svolgono funzioni marginali ed esclusivamente basate sull’immagine che affolla la televisione italiana », dice Nina Lederer studentessa di Scienze della Comunicazione e la collega Pia Stapel aggiunge:  « Penso ci sia un’eccessiva tendenza a fare della donna una sorta di strumento ornamentale, alimentando così lo stereotipo della donna bella ma poco intelligente. Forse l’attenzione dei media e degli spettatori è troppo rivolta ai canoni estetici a scapito della preparazione professionale e delle qualità sostanziali. In Germania mi sembra che ci sia un rispetto maggiore per la figura femminile in ambito mediatico ».

Non si tratta di anacronistico moralismo, ma della denuncia di un’arretratezza socio - culturale che ostacola la piena realizzazione delle pari opportunità.
E’ innegabile quanto dichiarato in merito dalla Commissione di vigilanza sui servizi radiotelevisivi: «[…] eventuali discriminazioni in base alla differenza di sesso e di genere risultano particolarmente gravi quando si manifestano all’interno del sistema dei media, dato il loro ruolo decisivo nel processo di costruzione dei modelli di vita e comportamenti individuali e collettivi ».

15/04/2005





        
  



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