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Filippo La Porta e il suo libro "Indaffarati" a Piceno d'Autore

San Benedetto del Tronto | Nel pomeriggio di venerdì 22 luglio, alla Palazzina Azzurra, nell'ambito del festival letterario cittadino, giunto alla sua VII edizione. Un intenso momento culturale, con uno dei maggiori e più significativi critici letterari del nostro tempo.

di Umberto Sgattoni

L'avvocato Silvio Venieri de "I Luoghi della Scrittura" lo aveva annunciato nel corso del pomeriggio del giorno prima. Il pomeriggio di Piceno d'Autore di venerdì 22 luglio, sarebbe stato a spiccata vocazione e trazione culturale, rivolta ed indirizzata alle giovani generazioni, in particolare agli studenti.

Ed infatti, Filippo La Porta - ospite di Piceno d'Autore 2016 per presentare il suo ultimo libro "Indaffarati" edito da Bompiani - ha dialogato lungamente con gli studenti, presenti all'appuntamento culturale pomeridiano in Palazzina Azzurra.

Ed in fondo sono proprio i giovani, i destinatari di questo suo ultimo libro.

"Un amico di Piceno d'Autore che ci ha accompagnato sin dalla prima edizione; una delle voci più autorevoli - di teoria ed azione nel suo campo - appunto quello della critica letteraria" ha principiato il sempre puntuale avvocato Venieri nel presentare il noto saggista e critico letterario (autore peraltro di opere quali "Poesia come esperienza"; "Pasolini"; "Meno letteratura per favore!"; "Roma è una bugia"; "Dizionario della critica militante" e di molte altre ancora, interessanti e significative).

Presenti - si diceva - i giovani studenti del Liceo Scientifico Benedetto Rosetti.
Due dei quali, hanno proprio interagito e dialogato direttamente con l'autore, ponendo domande e ricevendone da lui, parimenti - come avrebbe fatto un padre o un insegnante - altrettante.

Molte altre domande, sono poi variamente pervenute dal pubblico. Ed il La Porta - con grande amabilità e disponibilità - non vi si è sottratto, rispondendo con attenzione e cura a tutte quelle che gli sono state poste.

Uno spirito acuto e vivace, che con sapienza ha saputo toccare vari temi e questioni, sul filo conduttore della letteratura che attraversa il tessuto complesso della vita e dell'esistenza.

Come delineato e rivelato dallo stesso autore, il libro "Indaffarati" si configura come "confronto con mio figlio venticinquenne"; ed è un'appassionata indagine nel mondo giovanile contemporaneo a confronto con la generazione dei nati negli anni Cinquanta (quella dell'autore medesimo).

Un approccio, quello del La Porta, che non ha assolutamente velleità sociologiche, né tantomeno - per espressa dichiarazione e stessa ammissione dell'autore - intenda offrire dei giovani un reportage da "giovanologo" o quella visione che emerge dal libro di Michele Serra "Gli sdraiati"; nel quale - a detta dello stesso La Porta - i giovani vengono fuori come una generazione latitante nell'impegno e nell'elaborazione del pensiero.

Filippo La Porta, nel distaccarsi in maniera netta dalla visione serriana delle giovani generazioni, si è prodotto in una riflessione - assolutamente non manichea - che ha indagato, approfondito ed osservato i giovani di ieri (quelli della sua generazione, degli anni '50) rapportandoli con quelli di oggi.
E ne è venuto un libro, assolutamente interessante.

Dal libro, vien fuori un affresco - ed una ferma convinzione del La Porta - che i giovani d'oggi siano indaffarati e cioè immersi in un flusso continuo di informazioni, sempre in connessione, e comunque non disimpegnati; anzi - secondo l'opinione del La Porta - i giovani d'oggi rispetto a quelli della sua generazione (fortemente legati ed improntati ad una estenuante e talvolta esasperata teorizzazione) rivelano di avere uno spiccato senso dell'impegno nella condivisione: quella Sharing Economy che secondo la visione e l'opinione dell'economista Jeremy Rifkin, si configurerebbe quale Terza Rivoluzione Industriale.

Quando poi il La Porta - nel mettere a confronto la sua generazione di giovane con quella attuale - si è prodotto in numerosi esempi e valutazioni, il bilancio è stato nettamente favorevole verso i giovani di oggi.

Datochè, il critico letterario romano, ha messo in luce e rivelato come la sua generazione - da giovane - si trincerasse dietro teorizzazioni che schermavano in realtà sofismi (o sofisticazioni) narcisiste.

A riguardo, facendo un riferimento all'attualità, il La Porta si è detto convinto del fatto che Papa Francesco piaccia e riscontri adesioni proprio perché nella sua persona non v'è distanza o contraddizione fra ciò che enuncia e quella che è la sua storia e come - poi, conseguentemente - si comporta.

"E' vero" - ha detto Filippo La Porta - "i giovani d'oggi sono una realtà ed entità composita, eterogenea, per certi versi indecifrabile", ma è pure dotata dell'indiscutibile qualità e capacità di osservare e percepire la distanza che c'è fra una mera enunciazione di princìpi ed i comportamenti che poi ne conseguono (o ne divergono).

Nello specifico, nel citare una significativa frase che Woody Allen dice in un suo film rivolgendosi ad una giovane nipote (e cioè di "non ascoltare ciò che dicono gli insegnanti, ma di guardare ed osservare come veramente sono", per capire davvero come sia la vita), Filippo La Porta ha messo in luce come il punto cruciale e fondamentale della sua riflessione - e della sua "battaglia" - sia quello di indagare ed approfondire il rapporto/distanza che c'è (o si viene a creare e stabilire) tra idee e comportamenti.

Nel corso dell'incontro culturale, Filippo La Porta, non soltanto ha rivelato di essere un uomo di raffinatissima cultura, ma anche di avere la straordinaria capacità di penetrare e stabilire un rapporto empatico, non solo con gli interlocutori (anche quelli più giovani), ma anche penetrando con spirito vivo ed illuminante profondità, temi e questioni non di facilissima trattazione o immediata comprensione: il rapporto - per esempio - che intercorre, si stabilisce (o può stabilirsi) tra letteratura e vita.

"La letteratura" si è detto convinto La Porta "è e può essere la vera educazione sentimentale delle giovani generazioni".
Tuttavia, ha anche puntualizzato come "Il bisogno di leggere" - ha detto Filippo La Porta - "dovrebbe nascere dall'esperienza personale come bisogno di approfondimento".

"La mia" - ha detto con disarmante sincerità La Porta - "è stata una generazione molto brava a giocare ed a manipolare le parole"; basti pensare alla visione marxista che sembrava avere una posizione ed una risposta su qualsiasi problema o questione.

"I giovani d'oggi, invece" - ha detto il noto critico letterario - "non ce l'hanno; e per questo certamente sono più insicuri, ma non direi che siano disimpegnati".

La necessità, secondo il La Porta è quella di declinare l'impegno in una maniera meno ideologica; datoché l'ideologia pur essendo uno schermo ed una protezione, è in realtà ingannevole.

La Porta ha anche auspicato un umanesimo meno libresco e più legato alla vita, ad un riscontro nella (e con) la vita: a quella vita - per esempio - condivisa e riscontrata nell'umanesimo delle pratiche di cittadinanza attiva; un umanesimo concreto e rilevabile molto più che nelle teorizzazioni e riflessioni autoreferenziali delle formali ed astratte speculazioni accademiche.

Proprio nel merito di questo umanesimo, Filippo La Porta ha citato George Steiner, che di fronte all'Olocausto si produsse in una riflessione che si chiedeva come mai uno dei contesti più evoluti culturalmente, artisticamente e filosoficamente della storia dell'umanità - la Germania che fu culla del romanticismo e dell'idealismo, quella di Goethe e di Beethoven, per intenderci - avesse potuto essere protagonista e generatrice di quella stagione di tenebre abissali ed assolute della coscienza e dell'umanesimo.

"Se la cultura, se l'umanesimo, non umanizzano" - si è chiesto La Porta, citando e parafrasando Steiner - "c'è qualcosa che non va".

"E la cultura, umanizza" - si è detto convinto La Porta - se ogni volta sappiamo ritrovare un legame ed un riscontro concreto, tra libri, letteratura, arte, cultura e la vita.

In tal senso, ci sembra dunque piuttosto evidente, come il noto critico letterario ed intellettuale romano abbia voluto mettere al centro della sua riflessione, la questione cruciale che si innesta e si impianta sui cardini del "ciò che uno dice" e del "ciò che uno fa".

Un nesso tra ciò che uno enuncia, afferma o dice e come poi, conseguentemente, si comporta.

"Non è una questione di coerenza" ha detto il La Porta, rifuggendo ogni valutazione moralistica e considerando come la società e ciascuno di noi abbia, inevitabilmente, le proprie contraddizioni; "ma di credibilità" ha puntualizzato l'autore di "Indaffarati".

Dunque non tanto coerente, quanto credibile. Ed è questa la cifra che contraddistingue e differenzia i giovani d'oggi da quelli di ieri.

Altresì La Porta ha anche specificato di non essere uno di quelli che si lasciano andare alla retorica giovanilistica e all'incondizionato elogio delle nuove generazioni; anzi, egli si è detto ben conscio e consapevole dei rischi oggettivi e delle difficoltà che hanno i giovani d'oggi. Prime fra tutte, la concentrazione e la capacità di attenzione.
Un limite - questo - che secondo l'avviso del La Porta è stato certamente amplificato da una Rete "che ci vizia e ci abitua all'idea che tutto è comodamente accessibile".
"Si perde cioè, il nesso tra fatica e risultato" ha detto Filippo La Porta; aggiungendo come fatica e disciplina - per quelli della sua generazione - fossero invece concetti assolutamente normali.

Volgendosi verso la conclusione di un intenso ed interessante incontro culturale, ricco di spunti e suggestioni, il La Porta si è detto contrario ad una lettura bulimica, propendendo - piuttosto - a favore di un atteggiamento che scelga dei libri "che sappiano modificarci, sappiano cambiarci la vita, ci producano un effetto di spaesamento".
A riguardo, ha citato l'esperienza - diciamo sia pure estrema - di un suo amico di gioventù che lavorava in banca, il quale, dopo la lettura di "Fiorirà l'aspidistra" di George Orwell, comprese che la strada che stava percorrendo non era quella giusta per sé. E si dimise dal lavoro.
Ebbene, certamente una scelta radicale ed una soluzione estrema.
Ma significativa - evidentemente - per ciò che il La Porta, voleva comunicare all'uditorio: e cioè, il fatto (e l'esigenza) di chiedere ad ogni libro che leggiamo, delle ragioni di vita.

Un bel momento culturale quello di uno degli ultimi - se non l'ultimo pomeriggio di Piceno d'Autore 2016 - credo non solo per chi vi sta scrivendo e per i giovani presenti, ma riteniamo per tutti coloro che, dall'ampio, denso e significativo intervento di Filippo La Porta, hanno potuto trarre non soltanto il beneficio della piacevolezza e ricreazione di una bella occasione di cultura, ma anche spunti di riflessione, suggestione e suggerimenti per vedere la letteratura sotto la luce della vita e la vita, - se e dove possibile - alla luce della letteratura.

23/07/2016





        
  



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