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Fermata Eurostar: è vera gloria?

| Il trasporto locale tra problemi concreti e soluzioni per tentativi

di Giovanni Desideri

Il barometro dell’umore dei politici locali è legato da qualche tempo al fatto che il treno denominato “Eurostar” abbia o no una fermata a San Benedetto. In nome della “promozione del territorio e del turismo”. Utilità concreta o d’immagine (ovvero, secondo alcuni, ancor più concreta)?

Per monti e per valli. Ci pare che il trasporto locale mostri oggi carenze più gravi della mancanza di una fermata Eurostar a San Benedetto e che risolverle permetterebbe anche, indirettamente, di contribuire a migliorare il trasporto nazionale. All’interno delle Marche, paesaggio fedelmente disegnato da Tullio Pericoli, permetterebbe collegamenti mediante trasporto pubblico, che oggi solo l’ingenuo può intuitivamente ritenere disponibili ad libitum, per effettuare una visita culturale di giorno o seguire uno spettacolo di sera (la nostra società, ai sociologi digiuni di flessibilità del lavoro, è quella in cui ognuno dispone di sempre maggior tempo libero: a disposizione per circenses e altri affinamenti dell’animo del cittadino-spettatore).

Exemplum. Un esempio è inevitabile, sfidando il detto di Flaiano (“se lei si spiega con un esempio io non ci capisco più niente”). Da San Benedetto a Milano un Eurostar impiega 4 ore e 30: un’ora in meno di un Intercity, in cambio però di cinque euro e dispari in più (39,66 euro contro 34,29, in seconda classe). Chi preferisca impiegare più tempo e spendere meno, può sempre ricorrere ad un Espresso (26,50 euro per 5 ore e 47) o a un Interregionale (23,35 euro per 6 ore e 56).

La Topolino Amaranto. Ma se si considera che viaggiare in macchina viene di solito preferito per una condizione negativa, ovvero: se non costi molto di più del treno, sembrerebbe allora che l’Eurostar sia (forse) importante, ma solo per chi voglia impiegare meno tempo possibile e sia costretto a viaggiare da solo. Infatti, già in due, in macchina, il viaggiatore San Benedetto-Milano spende una cifra uguale o inferiore (il pedaggio autostradale è di 24,20 euro, il resto del calcolo a chi legge).

A che serve? Tutto questo tintinnar di cifre per dire che le persone interessate a raggiungere San Benedetto (“San Benedetto del coso”, diceva Alberto Sordi verso la fine di “Una botta di vita”) a bordo di un Eurostar non alimentano certo quel turismo familiare ritenuto anima dell’economia locale, le famiglie essendo formate da un x>1 di componenti. E probabilmente non alimentano affatto l’economia locale.

Supplemento rapido. Se poi un Eurostar, da Bari a Milano, fermasse solo nei capoluoghi di Regione, quel supplemento tra un Interregionale e un Eurostar (39,66 – 23,35 = 16,31 euro) sarebbe motivato da un tempo ancora inferiore: quasi a prova di ritardo, che comunque affligge molti treni italiani (in virtù della legge di Murphy: tutti quei treni sui quali noi stessi saliamo). Ovvero: un biglietto Eurostar davvero ben speso, per tempi da Formula Uno. O, semplicemente, da “treno veloce”, come ne esistono da trent’anni in altri paesi, e con prezzi agevolati – a determinate condizioni – che a guardare quelli dell’Eurostar sembrano fantascienza.

Vengo anch’io! La fermata Eurostar a San Benedetto non dà benefici al turismo familiare, né quindi all’economia locale. Potrebbero chiederla anche altre città, per difendere il proprio prestigio (si esiste in quanto si dispone di una fermata Eurostar): in modo da appesantire gli Eurostar fino a raggiungere quel capolavoro che è la differenza costo/tempo di percorrenza tra Intercity ed Espresso: 7,79 euro per arrivare 16 minuti prima da San Benedetto a Milano.

Il trasporto locale. Al contrario, se un Eurostar fermasse solo nei capoluoghi di regione, allora l’impegno dei politici si concentrerebbe a potenziare il trasporto locale. Per dire, consentirebbe agli anconetani di raggiungere San Benedetto per seguire uno spettacolo di Panariello (clou culturale dell’estate sambenedettese 2004). E ai sambenedettesi, di raggiungere Ancona per la prima assoluta di “Alla Terra” di Giacomo Manzoni (clou culturale dell’inverno 2004/2005 ad Ancona).

Volti, ritratti.
Recentemente l’assessore alla cultura alla Provincia di Ascoli Olimpia Gobbi parlava del paesaggio come del “volto di un territorio”. Canta Paolo Conte (The Dragon, in “Parole d’amore scritte a macchina”): “tu vuoi farmi un ritratto in forma di treno”. Da Jesi a Pesaro, da Fabriano a San Benedetto, da Macerata ad Ancona, da Ascoli ad Urbino, per una visita di giorno o uno spettacolo di sera: nessuno può sperare in un treno o altro mezzo per coprire queste distanze. Figuriamoci quel turista che creda di arrivare in una “città diffusa con un milione e mezzo di abitanti" (le Marche secondo i politici: e una densità abitanti per chilometro da deserto del Gobi).

In attesa di cambiamenti, pare più realistico ammettere che il trasporto pubblico non permette di scorgere il volto del territorio marchigiano. Tantomeno di percorrerlo per farne il ritratto. Quindi buon viaggio, ma in macchina!

01/12/2004





        
  



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